L’Anarchia non è
sinonimo di caos o di individualismo estremo ed egoista. Queste semmai sono caratteristiche
dell’attuale società capitalistica. L’attuale periodo di pandemia globale è un’opportunità
per i capitalisti ed in generale per quell’1% che determina e decide le nostre vite.
Si sa, a periodi di grandi disastri, corrispondono grandi profitti.
Gli anarchici imolesi
restano fedeli al motto del grande geografo dell’800 Elisée Reclus: “l’Anarchia
è la massima espressione dell’ordine”. Ciò vuol dire che libertà fa rima con responsabilità,
verso di sé e verso gli altri. E’ per tale ragione che mal tolleriamo i divieti
imposti con toni terroristici. Cio’, si badi bene, non vuol dire che tali divieti
siano inutili, persistendo la necessità di rallentare l’espansione del contagio.
Il distanziamento sociale si é reso indispensabile, vista la velocità di propagazione
del virus e l’attuale fragilità del nostro sistema sanitario nazionale, che sconta
tre decenni di tagli progressivi, la trasformazione in azienda e la conseguente
sottomissione alle assurde regole di mercato applicate ad un servizio pubblico essenziale
(pareggio di bilancio).
Fuorviante la comunicazione
istituzionale, poco chiara e generatrice di panico. Assurdi alcuni divieti (passeggiate
ed attività all’aria aperta solitarie, nessuna attenzione ai bisogni dei bambini),
che non tengono in minimo conto la salute generale del singolo, considerato quale
incapace di ragionare e degradato da cittadino a suddito, incapace di comprendere
cosa sia bene per se e gli altri.Numerosissimi i lavoratori e le lavoratrici, di
ogni categoria, costrette a lavorare nell’emergenza, spesso senza alcuna protezione;
gli scioperi spontanei, nelle produzioni ritenute non essenziali, sono riusciti
ad imporre pratiche di sicurezza sanitaria ponendo un limite alle ciniche “distrazioni”
padronali tendenti unicamente al profitto. Molti coloro che, spaventati dall’assillante
narrazione del contagio proposta dai media, o intimoriti dalla delazione isterica
dei cittadini trasformatisi in vigilantes, rinunciano volontariamente alle libertà
consentite dall’autorità. Paradossalmente, questo stato di panico indotto provoca
un effetto “nocebo”, di abbassamento delle misure immunitarie, aumentando i rischi
di ammalarsi.
Urge, riabituarci
a dare fiducia ai nostri simili, (ora che la distanza é stata sancita per legge),
per dare una risposta collettiva alla crisi:
• nell’immediato
tamponi e test sierologici anticorpali per acquisire dati utili alla ricerca; protezione
adeguata dei sanitari e delle altre categorie di lavoratori a rischio; distribuzione
gratuita di cibo ai non abbienti; moratoria degli sfratti; blocco di bollette, mutui,
affitti pubblici e privati; indennizzo significativo ai lavoratori costretti a lavorare
in emergenza; potenziare i rifugi contro la violenza domestica; sanatoria generalizzata
dei lavoratori immigrati; svuotamento delle carceri, (luoghi insalubri ed inumani);
psicoterapia e aiuto per il disagio psichico derivante dalle misure di contenimento;
presa in carico di senzatetto e immigrati irregolari; potenziamento della ricerca
(finanziamento e stabilizzazione dei contratti di lavoro); distribuzione di denaro
per affrontare l’emergenza ad ogni singolo cittadino con reddito inferiore a 30
mila € annui; azzeramento delle spese militari e reinvestimento in strutture socio
sanitarie, (70 milioni di euro al giorno, due miliardi al mese, con le spese militari
di un solo giorno, si potrebbero costruire e attrezzare 6 nuovi ospedali o comprare
25.000 respiratori);
• per il futuro auspichiamo
che l’intera popolazione si renda conto che bisognerà costruire campagne di mobilitazione
e lotta per l’assistenza sanitaria universale e gratuita; per il diritto all’abitare;
per il diritto al lavoro sicuro (in produzioni necessarie per la comunità con riconversione
di quelle nocive) ed equamente retribuito; assistenza universale all’infanzia, agli
anziani ed ai soggetti più fragili della collettività; istruzione universale e gratuita;
ampliamento di parchi e riserve naturali; zero immissioni in atmosfera e zero produzione
di rifiuti; l’acqua, l’elettricità, il gas e le telecomunicazioni, pubblici e non
privati; potenziamento e gratuità dei trasporti pubblici; filiera corta ed etica
delle produzioni alimentari; socializzazione dei profitti delle aziende che ricevono
finanziamenti pubblici.
Utopia? Forse. Ma
nulla é come prima, né lo tornerà.
Avreste immaginato
qualche mese fa di vivere un simile incubo?
Sicuramente queste
rivendicazioni legittime ed urgenti, non possono trovare accoglimento nell’attuale
sistema economico neoliberista, dedito al profitto di pochi a scapito della moltitudine.
Un sistema che ha
dimostrato tutta la propria fragilità e ora corre ai ripari per tentare di minimizzare
i disastri che esso stesso ha contribuito a generare.
E’ per questa ragione
che é arrivato il momento di metterlo in soffitta e sostituirlo con una economia
federalista e solidale, dal basso, dedita alle produzioni necessarie allo sviluppo
ed al benessere dell’umanità, mettendo fine alla devastazione ed al saccheggio del
pianeta, allo sfruttamento umano, animale e delle piante, un modello sociale da
tempo pensato dagli anarchici che ponga al centro i bisogni umani e non il profitto
privato.
Un mondo migliore
é indispensabile!
A meno che non ci
si voglia rassegnare a vivere il resto della propria vita tappati in casa o con
una mascherina in faccia, ipotesi tutt’altro che fantascientifica.
Oppure, se non vorremo
cambiare questa struttura economico/sociale, prepariamoci a fronteggiare una crisi
economica spaventosa (le spese necessarie di oggi, le pagheremo caramente domani)
che porterà con se povertà, fame, l’instaurazione di dittature, nuove guerre, sconvolgimenti
climatici e un prevedibile aumento dell’inquinamento di ogni genere dovuto alla
furibonda ripresa delle attività produttive senza alcun limite, alla rincorsa dei
punti di PIL perduti.
Assemblea degli anarchici
imolesi