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martedì 2 giugno 2020

2 giugno. Cosa c’è da festeggiare?



Ogni 2 giugno, nell’anniversario del referendum che nel 1946 sancì finalmente la fine della monarchia, si celebra la nascita della repubblica italiana. Ma come ogni stato che celebra se stesso quel giorno è in realtà la festa delle forze armate. A Roma il presidente della repubblica depone la solita corona d’alloro all’altare della patria e la parata militare invade i Fori e non risparmia neppure il cielo. Un po’ ovunque parate, marce e marcette fanno sfoggio di simboli e retoriche militari. Uomini e donne in divisa, armi e mezzi ostentano il monopolio della violenza, ammorbando l’aria di retorica patriottica, mentre chi riceve le commesse si sfrega le mani ingrassando gli ingranaggi della perdurante rapina e gli esecutori continuano a eliminare essere umani per mezzo mondo seminando terrore e distruzione. La guerra è guerra, ovvero distruzione e morte, a meno che non si voglia credere alla retorica del peace keeping o delle cosiddette ‘guerre umanitarie.
E allora il 2 giugno cosa ci sarebbe da festeggiare? Il fatto che l’esercito italiano contribuisca ad ammazzare civili in Medio Oriente, Africa, Afghanistan ecc., per terra, per mare e per cielo? Il fatto che risorse pubbliche vengano sottratte a tutti noi per utilizzarle al fine di accrescere una grandeur italiana fatta di armi e mezzi sempre più tecnologicamente avanzati, non ultimi automi e droni che sono in grado di ammazzare con ancora più freddezza e precisione? Il fatto che intere porzioni di territorio, dal Friuli alla Sicilia, dal Veneto alla Campania, alla Sardegna, siano state sottratte per essere utilizzate come caserme, poligoni e basi militari? Il fatto che la popolazione di questi territori subisca sovente effetti mortali sulla propria salute per l’utilizzo di urano impoverito durante le esercitazioni, come avviene ad esempio a Salto di Quirra (Ogliastra) e a Capo Teulada (cagliaritano)? Il fatto che, nonostante la contrarietà della popolazione locale, sia stato finalmente installato il sistema di comunicazioni satellitari militari ad alta frequenza Muos (Mobile User Objective System) a Niscemi, per meglio permettere all’esercito americano di perpetuare il proprio dominio globale? Il fatto che le potenze mondiali, Stati Uniti e Russia in testa, ci stiano regalando una nuova, precipitosa corsa agli armamenti nucleari in cui anche lo stato italiano fa la sua parte, ad esempio con i nuovi siti predisposti per missioni nucleari “tattiche” o con i suoi porti sempre più nucleari? Il fatto che la propaganda militarista si stia dispiegando in maniera sempre più diffusa, insinuandosi nelle università, nelle scuole e nei vari ambiti educativi anche attraverso percorsi di alternanza scuola-lavoro, corsi formativi e stage che vedono la presenza più o meno manifesta delle forze armate?
Il 2 giugno non c’è niente da festeggiare; c’è da far sentire il dissenso nei confronti dell’ostentazione di quella violenza che lo stato italiano mette in opera continuamente fuori e dentro i propri confini. C’è da dire ad alta voce che se vogliamo fermare le guerre bisogna farla finita con gli stati nazionali, eliminare le frontiere e gli eserciti. Altra via d’uscita non c’è”.