Io posso dirmi e sentirmi
libero solo in presenza degli altri uomini ed in rapporto a loro. Io stesso
sono umano e libero soltanto nella misura in cui riconosco la libertà e
l’umanità di tutti gli uomini che mi circondano. Sono veramente libero solo
quando tutti gli esseri umani, uomini e donne, sono egualmente liberi. La
libertà di ogni individuo è infatti soltanto il riflesso della sua umanità. La
libertà degli altri, lungi dall’essere un limite o la negazione della mia
libertà, ne è al contrario la condizione necessaria e la conferma. Non divengo veramente
libero se non attraverso la libertà altrui, così che più numerosi sono gli
uomini liberi – e più profonda e più ampia è la loro libertà -, più estesa, più
profonda e più ampia diviene la mia libertà. Si realizza la libertà illimitata
di ognuno per mezzo della libertà di tutti. Confermata dalla libertà di tutti,
la mia libertà si estende all’infinito”.
Dunque la dimensione
positiva della libertà è eminentemente collettiva; il suo ruolo, però, consiste
nel potenziare la libertà individuale, non nell’indicare all’uomo le direzioni
e il senso ultimo della sua azione, la cui natura rimane irriducibilmente
soggettiva e perciò immune da ogni codificazione di senso proveniente da fonte
esterna. Di qui una delineazione radicale del rapporto tra libertà individuale
e contesto sociale, tra impulso esistenziale ed etica pubblica. Poiché,
infatti, “la libertà individuale e collettiva è l’unica creatrice dell’orine
umano”, ne deriva che da essa nasce “l’assoluto diritto di ogni uomo o donna
adulti di non cercare per le proprie azioni altre conferme che quelle della
propria coscienza e della propria ragione, di non determinarle che per mezzo
della propria volontà e di esserne quindi, prima di tutto responsabili solo
verso se stessi e poi nei confronti della società di cui fanno parte, ma solo
in quanto consentono liberamente di farne parte.