Alla vostra teoria accentratrice di governo, che non
ha altra causa che la vostra ignoranza, per principio solo un sofisma, per mezzo
solo la forza, per risultato solo lo sfruttamento dell'umanità, il progresso del
lavoro, e delle idee, io vi contrappongo, da parte mia, questa teoria liberale:
trovare una forma di compromesso che, conducendo all'unità la divergenza degli interessi,
identificando il bene particolare col bene comune, cancellando la discriminazione
di natura con quella dell'educazione, risolve tutte le contraddizioni politiche
ed economiche; dove ciascun individuo sia ugualmente e nella stessa misura produttore
e consumatore, cittadino e principe, amministratore e amministrato, dove la sua
libertà aumenti sempre senza ch'egli abbia bisogno di privarsene mai; dove il suo
benessere s'accresca indefinitamente, senza ch'egli possa subire, di fatto, dalla
società o dai suoi concittadini, alcun danno né nella sua proprietà, né nel suo
lavoro, né nel suo guadagno, né nei suoi rapporti d'interesse, d'opinione o d'affetto
con i suoi simili. Che cosa! queste condizioni vi sembrano impossibili da realizzarsi?
Il contratto sociale, quando voi considerate la spaventosa quantità dei rapporti
ch'esso deve regolare, vi sembra ciò che si può immaginare di più inestricabile,
qualche cosa come la quadratura del cerchio e il moto perpetuo. È per questo motivo
che, stanchi di guerra, voi vi buttate di nuovo nell'assolutismo, nella forza. Considerate
tuttavia che se il contratto sociale può essere stipulato fra due produttori e -
chi dubita che, ridotto a questi semplici termini, esso non possa avere una soluzione?
- Esso può essere stipulato ugualmente fra milioni di produttori, poiché si tratta
sempre dello stesso impegno e che rendendolo il numero delle firme sempre più efficace,
non vi aggiunge nemmeno un articolo. La vostra motivazione d'impossibilità d'agire
non sussiste dunque: essa è ridicola e vi rende inscusabili. In ogni caso, uomini
del potere, ecco quello che vi dice il produttore, il proletario, lo schiavo, colui
che voi aspirate a far lavorare per voi: io non chiedo né i beni, né le braccia
di nessuno e non sono disposto a sopportare che il frutto della mia fatica divenga
bottino di un altro. Io voglio anche l'ordine, altrettanto e maggiormente di coloro
che lo sconvolgono grazie al loro preteso governo; ma io lo voglio come un effetto
della mia volontà, una condizione del mio lavoro e una convinzione della mia ragione.
Io non lo sopporterò mai proveniente da una volontà estranea e che mi impone come
condizioni preliminari la servitù e il sacrificio.
..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione