Un piccolo tentativo per precisare l'uso che del termine spreco si fa
in opposizione al mero consumo.
Preferiamo dire “sprecare”: poiché l'altro termine, consumo, che è quello
che la moda ha imposto per indicare il modo d'essere della Nuova Società, è ancora
incerto ed equivoca; e lo è soprattutto perché, mentre col verbo sprecare il nome
davvero importante è quello dell'Oggetto (“Si sprecano i beni”), col verbo consumare
il termine importante è quello del Soggetto (“Io consumo” o “Gli abitanti consumano”), che si può
propriamente sdoppiare in un Dativo (“Consumo per me” o “per il mio consumo”. “Consumano
per loro”), cosa che evidentemente non si può fare col verbo “sprecare”. E si fa
troppo onore al cliente dei nostri mercati quando lo si chiama consumatore: quando
l'unica cosa che si esige da lui è che sia uno (tra i molti altri) degli strumenti,
di spreco dei beni, necessario, pare, per il mantenimento di quest'Ordine. E tuttavia,
ciò non toglie che l'ipocrita attribuzione di soggettività che ancora rimane nel
termine di consumatore sia essenziale perché l'individuo continui ad agire proprio
come strumento di spreco. Ma il processo di svalutazione della Persona che nel processo
di spreco è compreso (e subito si manifesta nello spreco delle persone stesse) è
proprio fondato, sulla svalutazione (ed in certo modo annullamento) delle cose e
dei beni che il suo spreco esige.