La società come prigione di cui siamo anche carcerieri è un fatto.
Questo potere di coercizione e di cancellazione del dissenso si è instaurato
ben prima di elargire “graziosamente” i diritti civili come il voto, che, inscenando
la democrazia rappresentativa, garantirebbe la sovranità popolare.
Come liberarci da questa falsificazione e garantirci che non si ripresenti
per l'ennesima volta in nuove forme?
Non esistono sistemi che garantiscano la libertà di tutti se si propongono
di cominciare col toglierla a qualcuno....
Non basta togliere il potere a chi ce l'ha occorre che ciascuno si munisca
di un proprio potere di pensare e di agire costituendosi come parte di una collettività
di individui pensanti, federati per essere ciascuno il testimone e il custode della
libertà di tutti. Significa ribaltare il concetto stesso di legge e di sovranità,
non più un modo di costringere gli altri, ma una responsabilità di realizzare le
proprie idee trovando anche le energie per attuarle e incoraggiando altri ad unirsi.
Dobbiamo sostituire il circolo vizioso del dominio e della sanzione violenta
con il circolo virtuoso dell'esempio e della parola libera.
La società non sia più la prigione a cui siamo tutti condannati ma un
luogo felice da edificare con le forze e le idee di tutti ben armonizzate tra loro.
La libertà di tutti comincia dallo scambio gratuito di diverse sensibilità, diverse
opzioni individuali e sociali. Ognuno deve poter prendere dagli altri quel che sembra
migliorare il senso della vita, lasciando quel che ne complica le realizzazioni.
L’umanità dell'essere umano è infatti il dono che ognuno fa a se stesso
per il piacere di tutti. Il dono che include tutti gli altri.
Come direbbe qualcuno: l'umanità soggettiva si nutre di un sogno che
deve soltanto arrivare alla coscienza per diventare realtà.
La rivoluzione sociale bussa dunque alla nostra porta nel nome di una
felicità per tutti e non in quello di un qualunque risentimento corporativo di ruolo
o di genere.