Il generale Trepov
aveva fatto frustare a sangue un uomo perché non si era tolto il berretto
davanti a lui.
Vera Zasulic,
“l’angelo della vendetta”, 24 Gennaio 1878, il gli sparò a bruciapelo.
Il generale
Trepov, governatore di San Pietroburgo, era noto ai suoi contemporanei per la
violenza con cui reprimeva ogni minimo segnale di insubordinazione.
Nel 1877 era
diventato per volere dello Zar governatore di Pietroburgo e in questa veste in
luglio si era recato a visitare il carcere di detenzione preventiva. Qui si
trovava Aleksey Bogoljubov, dissidente politico incarcerato per aver preso
parte ad una manifestazione antigovernativa. I due si incrociarono nel cortile
della struttura e il prigioniero nel salutare il generale non si tolse il
berretto dal capo. Trepov allora gli andò incontro e gli strappò il copricapo,
poi ordinò che venisse vergato con violenza.
Il detenuto fu
frustato selvaggiamente tanto da uscire profondamente segnato - anche a livello
mentale - dall’esperienza.
La vicenda
suscitò un certo clamore in Russia poiché dimostrò che le tiepide riforme di
Alessandro II in tema di giustizia non avevano certo modificato lo strapotere
degli apparati repressivi sulla popolazione. Trepov ricevette l’appoggio di
Khostanti Pahlen, ministro della giustizia, ed in breve tempo il caso si
smontò.
Ma c’era
qualcuno che non era affatto disposto a dimenicare.
Un giovane donna
di nome Vera Zasulic.
Già conosciuta
dalla polizia zarista per aver frequentato ambienti nichilisti e aver
partecipato ad attività antigovernative, era stata in passato arrestata e
deportata. Tornata in libertà nel 1873, aveva continuato la sua attività
rivoluzionaria fino a quando aveva appreso la notizia della fustigazione.
Decise allora di
vendicare Bogoljubov. Vera sapeva che Trepov era solito ricevere dei postulanti
di tanto in tanto. Nel gennaio del 1878 riuscì ad inserirsi in uno di questi
gruppi. Quando finalmente fu al cospetto del governatore gli fornì un documento
falso da esaminare e poi, estratta la pistola che teneva nascosta sotto la
mantellina, gli sparò ad un fianco a distanza ravvicinata.
La giovane venne
subito arrestata mentre Trepov sopravvisse all’attentato.
In sede
processuale Vera affermò che era stata costretta ad agire in quel modo perché
in Russia non c’era altra possibilità per aver giustizia delle violenze che le
persone comuni subivano. Incredibilmente nel marzo del 1878 la Zasulic venne assolta
e rimessa in libertà. Probabilmente a pesare sulla sentenza vi fu la
convinzione, espressa anche da ambienti governativi, che una condanna avrebbe
scatenato disordini e rimesso in moto una campagna contro Trepov e contro il
sistema repressivo russo.
Vera espatriò in
Svizzera e, da esule, fu tra i fondatori della prima organizzazione
socialdemocratica russa.