L‘8 marzo 2015, 104 anni dopo la
proclamazione della Giornata Internazionale delle Donne, le donne di tutto il
mondo combattono ancora contro il sistema di dominio patriarcale.
Gli attacchi contro le donne diventano
sempre più profondi e si sviluppano in modo sistematico o strumentalizzato per
alimentare/aumentare norme repressive e securitarie in ogni ambito
dell’esistenza fino al femminicidio, che spesso non viene riconosciuto come
tale.
La violenza sulle donne,
l'eteronormatività, il sessismo, il razzismo, lo sfruttamento, le restrizioni
sulla libertà di scelta e d autodeterminazione, l’isolamento sono i dispositivi
attraverso cui lo stato padrone e patriarcale esercita il proprio controllo
sulle nostre vite e contro cui ci vogliamo ribellare.
Le donne hanno oggi più che mai
l’urgenza di costruire insieme la propria autodifesa.
È proprio questo che attualmente sta
succedendo nel Rojava. Nei tre cantoni curdi dell’amministrazione autonoma nel
nord della Siria, le Unità di Difesa delle Donne YPJ combattono per la
liberazione delle donne e dell’intera società. Le YPJ conducono una lotta
contro l'oppressione e il femminicidio a tutti i livelli.
La lotta delle donne curde non è solo
una lotta militare contro IS, ma una lotta politica contro lo sfruttamento patriarcale
e per la libertà, in questo momento neoliberista e neocoloniale.
Non limitano la loro lotta contro la
violenza e l’oppressione sulle donne a una sola giornata, ma con la loro lotta
trasformano ogni giorno nell'8 marzo.
Difendono la città. armate, combattono,
preparano cibo per chi combatte, proteggono i bambini, li portano via dalla
guerra. Hanno ogni età e sono l'esercito della donne dei peshmerga curdi,
pronte a morire piuttosto che cadere nelle mani dei jihadisti dell'Is.
All'Unità di Difesa del Popolo (Ypg) apparteneva anche la ragazza kamikaze, Arin Mirkan, che si è fatta saltare in aria vicino
a una postazione dei miliziani dell'Is a est di Kobane, la città curda siriana
al confine con la Turchia, uccidendo diversi jihadisti che da giorni cingono
d'assedio l'enclave. La ragazza, terminate le munizioni, ha sacrificato la sua
vita per non finire ostaggio dei miliziani del 'Califfato'. Avrebbe distrutto
un mezzo blindato delle milizie islamiche e fatto circa una ventina di vittime.
E la 19enne Ceylan Ozalp, che il 3
ottobre scorso si è uccisa sparandosi alla testa quando aveva esaurito le
munizioni, utilizzando la sua ultima pallottola contro se stessa.per non essere
catturata.
Migliaia di donne - donne curde da
Turchia, Iran, Iraq, Siria, Armenia, Russia e Europa ma anche donne
internazionaliste del Medio Oriente e dai paesi Europei - partecipano
attivamente a questo movimento come militanti. Hanno deciso di lottare contro
una vita determinata dal sistema patriarcale e liberticida insieme a tante
altre donne anche differenti da loro.
Il movimento delle donne curde è infatti
consapevole che la libertà deve comprendere tutti gli aspetti della vita perché
oppresso e marginalizzato in molte forme diverse: etnia, classe, genere. La liberazione
delle donne è diventata perciò inscindibile momento della resistenza curda
contro tutte le oppressioni e non sorprende che siano tante le donne a
partecipare alle unità armate e alla gestione delle amministrazioni locali in
tutta la regione, siano loro di provenienza araba, turca, armena e assira.
La forza contagiosa della lotta delle
donne e del generale processo di rivoluzione sociale in Rojava viene oscurato e
criminalizzato dal mondo occidentale a guida statunitense che continua a classificare
il PKK come organizzazione terroristica, al pari dell'IS, svelando così la sua
vera natura cioè la pretesa egemonica dell’occidente “civilizzato”.
Insieme alle donne kurde combattiamo tutti,
donne euomini insieme, contro la guerra liberticida che arma sempre gli
oppressori e impone con la sua ideologia il marchio itinerante di terrorista a
chiunque si sottragga al disegno del sistema di sfruttamento globale impostoci.
Organizziamo la nostra resistenza popolare
ovunque nel mondo. Liberiamoci insieme dal sistema di dominio patriarcale e
liberticida.
In occasione dell‘8 marzo 2015 prendiamo
coscienza degli attacchi contro le donne a Shengal, Mossul, Kirkuk, in Nigeria,
a Gaza, in Ucraina e altrove considerandoli un femminicidio e facciamo vivere
lo spirito di resistenza delle YPJ come difesa di tutte le donne in ogni luogo.
Organizziamo la resistenza ovunque nel mondo le donne subiscano violenza.
Diffondiamo insieme lo spirito di resistenza che ci unisce e ci rafforza contro
ogni manifestazione del sistema di dominio patriarcale.
Per un 8 marzo di lotta e non di festa.