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lunedì 2 marzo 2015

Movimento ’77: Tra creatività e “militarismo”. Pt 1 Indiani Metropolitani


Lo storico inglese Paul Ginsborg individua due anime nel movimento del ‘77: una creativa, ironica e irriverente, sensibile al discorso femminista, incline a creare alternative piuttosto che a sfidare quelle del potere, e un’altra “autonoma” e “militarista”, che “tende a valorizzare la cultura della violenza degli anni precedenti” e ad “organizzare i nuovi soggetti sociali per una battaglia contro lo Stato”. E’ una generalizzazione che può essere accettata, ma solo se si tiene conto della estrema complessità del Movimento. Lo scrive lo stesso Ginsborg: le due tendenze spesso s’intrecciano.
Una delle componenti più originali del movimento del Settantasette è senza dubbio quella degli Indiani Metropolitani. In un sistema che crea emarginazione, molti giovani si sentono come gli Indiani d’America: confinati nelle riserve. Ma gli Indiani nostrani non si rassegnano. Ed eccoli allora sfilare per le strade delle città con le facce dipinte: cantano, ballano e improvvisano rappresentazioni teatrali. “FUORI DALLE RISERVE!!! INTONIAMO IL NOSTRO GRIDO DI GUERRA. I NOSTRI TAMTAM SUONINO SEMPRE PIÙ FORTE PER RACCOGLIERE TUTTA L’AREA CREATIVA DI MOVIMENTO”. Gli Indiani hanno anche un programma politico:
1) Finanziamento pubblico di centri alternativi di disintossicazione dall’eroina e di tutte le iniziative culturali autogestite;
2) liberalizzazione totale dell’uso della marijuana, dell’hashish, dello Lsd, nell’uso, nell’abuso, nella circolazione e nella coltivazione;
3) riduzione generale dei prezzi del cinema, dei teatri e di tute le iniziative culturali alle cifre fissate dal movimento; requisizione di tutti gli edifici sfitti e loro utilizzazione come centri di aggregazione e socializzazione dei giovani che vogliono vivere alternativamente dalle famiglie. Allo scopo vengono istituite le Ronde antifamiglie, il cui compito consiste nel rapire quei minori condizionati da genitori autoritari;
5) dare un chilometro quadrato di verde per ogni abitante; (...) riconoscimento a tutti gli animali in cattività del diritto di tornare ai loro paesi d’origine;
8) demolizione dell’Altare della Patria e restituzione dell’area a forme di vegetazione spontanee e agli animali che aderiscono (...); uso alternativo degli Hercules C110 acquisiti dall’aeronautica militare alla Lockeed per servizi gratuiti di trasporto dei giovani a Macchu Picchu in occasione della festa del sole.
In questo programma, anche se in forma ironica, c’è tutto il rifiuto della società, post o neo industriale che sia. E, in questo rifiuto, gli Indiani metropolitani si pongono come i continuatori del movimento Hippy degli anni sessanta.
“(...) un giorno noi distruggeremo i mostri urbani come Milano, per esempio, o come la mia Porto Marghera e Mestre, e che un giorno su questi posti torneremo noi con la nostra libertà, con la nostra natura libera di esplicarsi contro nessun altro padrone.”
É anche grazie agli Indiani metropolitani che in Italia nasce una cultura “ambientalista”. Nel 1977 le centrali di Caorso e Montalto di Carso vengono più volte presidiate da migliaia di giovani che protestano contro il nucleare.
(continua)