L'obbedienza è morte. Ogni istante in
cui l'uomo si sottomette ad una volontà esterna, è un istante estirpato dalla
sua vita. Quando un individuo è obbligato a compiere un atto contrario al suo
desiderio o quando è gli viene impedito d'agire in funzione del suo bisogno,
egli smette di vivere la sua vita personale e, se da un lato colui che comanda
aumenta il suo potere nutrendosi della forza di colui che è sottomesso, colui
che obbedisce viene annullato, assorbito da una personalità esterna; diventa
nient'altro che forza meccanica, strumento a disposizione di un padrone. Quando
si parla dell'autorità esercitata da un uomo su altri uomini, da un sovrano sui
sudditi, da un padrone sugli operai, da un proprietario sui propri lavoratori
domestici, si capisce immediatamente che egli impiega la vita dei propri
sottomessi per la soddisfazione dei propri piaceri, dei propri bisogni, dei
propri interessi: cioè a suo vantaggio, a favore dello sviluppo della propria
vita a discapito degli altri. Ciò che in genere si riesce a cogliere in maniera
meno chiara, è l'influenza nefasta delle autorità d'ordine astratto: le idee, i
miti religiosi e non religiosi, le tradizioni, gli usi e costumi, ecc.
qualunque manifestazione esterna dell'autorità ha sempre e comunque origine in
un'autorità mentale.
Nessun tipo d'autorità materiale, legata
a leggi o individui, trova attualmente forza e ragione in sé stessa. Nessun
tipo d'autorità materiale si esercita realmente da sé, tutto si basa su delle
idee.
Poiché l'uomo si curva in primis davanti
alle idee, riesce ad accettarne in seguito la realizzazione tangibile delle
diverse forme del principio d'autorità.
L'obbedienza è composta da due fasi
distinte: si obbedisce perché non si può fare altrimenti; si obbedisce perché
si crede che bisogna obbedire.
Nel momento in cui un organismo si
costituisce, tutte le sue forze tendono verso un unico fine: conservare la sua
esistenza personale alimentandola e difendendola contro qualsiasi tipo di
influenza in grado di distruggerla o sminuirla.
In natura tutti gli esseri si sforzano
verso la vita; tutti ricercano, secondo le proprie facoltà, il godimento
ottenuto dalla soddisfazione del bisogno; tutti gli esseri fuggono dalla
sofferenza, dalla privazione che è restrizione, diminuzione della vita. La vita
universale ci appare come prodotta dal movimento incessante delle individualità
molecolari che si aggregano secondo la loro composizione e gli ambienti che
incontrano. Allo stesso modo l'uomo cosciente si unirebbe ai suoi simili
secondo i suoi bisogni e le associazioni umane si formerebbero, dissolverebbero
e riformerebbero seguendo solo la manifesta utilità.
Se la scienza non ci mostra nessuna
traccia di governabilità dell'universo, perché immaginare che solo l'uomo debba
fare eccezione? Non sarebbe invece più saggio concludere che, liberato da tutti
gli ostacoli, egli si comporterebbe come tutti i corpi esistenti in natura:
seguendo la legge propria che è in lui, non come un comando proveniente da
un'autorità esterna, ma come una necessità del suo essere.