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sabato 9 gennaio 2016

Non esistono lavori separati o separabili

La capacità professionale di un individuo è il frutto dei suoi studi. È però anche il prodotto di una società che gli ha permesso, con i libri e con i saperi che gli ha trasmesso, di diventare capace di far certe cose; una società che ha dedicato risorse, energie, tempo, spazi alla sua formazione. Il suo impegno senza tutto ciò non sarebbe stato sufficiente a farne quello che è diventato; viceversa la cura della società non sarebbe bastata senza i suoi sforzi personali.
Ciascun individuo si dedicava a qualcosa, mentre il nostro uomo si applicava nello studio, tutti gli altri individui lavoravano, producevano, si impegnavano in attività diverse, ma altrettanto importanti. Se lui mangiava, si vestiva, viaggiava, leggeva, era perché altre decine di individui producevano i prodotti che consumava, tessevano e cucivano i vestiti che indossa, costruivano, guidavano i veicoli che lo trasportavano, scrivevano, stampavano, rilegavano i libri su cui lui studiava … e così via. Dietro il merito di uno c’è il merito di tutti; questo è il senso di una comunità, di una società.
Il fatto che egli abbia raggiunto un certo grado di professionalità e sia entrato nel mondo del lavoro non può rappresentare un fattore di distacco da questo contesto, semmai è il momento in cui egli comincia a restituire parte di quanto ricevuto sotto i più svariati aspetti. È difficile dire che il pastore che accudisce le sue pecore per ricavarne latte e lana svolga una professione meno importante del professore che beve latte e indossa maglioni di lana, o che il lavoro dell’artigiano costruttore di borse , di scarpe sia meno dignitoso e meritevole dell’attività dello studente che riempie una di quelle borse con i libri sui quali studia o del lavoro di un ingegnere, del chirurgo che indossa quelle scarpe per andare a lavorare.
Non c’è nulla nella società che non sia il prodotto di tante attività umane. Ma la nostra coscienza è stata così violentata che ci è difficile guardare dentro le cose che ci circondano, pensarle come l’aspetto finale di una serie più o meno lunga e laboriosa di attività.
Per questi motivi ritengo che un primario di ospedale, un chirurgo, un ingegnere, un amministratore delegato, un imprenditore guadagnino tanto denaro in un anno che ad una persona non basterebbero dieci vite per guadagnare altrettanto. Questo non solo è un fatto assurdo di per sé in quanto è ingiusto concedere ad una sola persona beni e privilegi che egli non potrà mai consumare nella sua intera vita, soprattutto è umiliane per tutti coloro che trascorrono i loro anni migliori piegati su un campo, rinchiusi in una fabbrica o arrampicati su di una impalcatura a sgobbare, per portare a casa un salario che serve a malapena per tirare avanti un altro mese in vista del successivo salario.
E per tornare al primario, al chirurgo di prima che oggi viene lautamente gratificato, cosa sarebbe tutta la sua bravura senza gli operai che hanno costruito i macchinari su cui lavora e dei tecnici che li hanno progettati, di quelli che li hanno istallati, degli infermieri che lavorano con lui, senza il lavoro dell’addetto alle pulizie, che rende sterile e igienicamente sano quell’ambiente, senza gli analisti, gli anestesisti, gli elettricisti, gli idraulici .. anche perché ognuno di questi a sua volta ha bisogno di persone che svolgono altri lavori: dal panettiere al calzolaio, dal contadino all’operaio, dall’insegnante al muratore, dal netturbino al medico, dall’autista di mezzi pubblici al pescatore. Ognuno è debitore sempre verso qualcun altro, non esistono lavori separati o separabili.
La divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale e la gerarchia di valori che oggi assegna ad ognuna di queste attività una posizione differente nella scala sociale è il frutto della dissennata politica che tende a dividere gli individui, a perpetuare la divisione in classi, ad affidare privilegi agli uni e compiti gravosi ed umilianti ad altri al fine di garantire lo sfruttamento umano.
Solo l’abolizione della divisione tra queste due forme di lavoro e della proprietà privata, insieme ad un decentramento della produzione, delle attività e delle decisioni, che permettono il coinvolgimento della comunità delle scelte di fondo che la riguardano, all’equa divisione tra tutti gli esseri viventi della ricchezza mondiale, possono gettare le basi per l’instaurazione di una società egualitaria in cui il lavoro diverrà l’esercizio di una attività bella ed interessante.