Antifascismo oggi è anche impedire il saldarsi del fascismo e della miseria.
È portare le ragioni della rivolta e della sovversione sociale là dove il potere
prova a diffondere razzismo, discriminazione e lotte fra poveri. Senza esitazione,
perché viviamo già nella catastrofe e il punto di non ritorno potrebbe anche essere
alle nostre spalle.
Per muoversi, in prospettiva, verso una “buona vita” occorre mettere
in campo molteplici azioni.
Da un lato un’iniziativa di carattere culturale il cui obiettivo sia
ridare senso alle parole: quelle con le quali delineare lo stato di cose esistente
e attraverso le quali immaginarci una società diversa.
Dall’altro lato – e come premessa necessaria –un’iniziativa di carattere
sociale tendente a sottrarre le individualità all’anomia e infonder fiducia laddove
c’è uno scoramento diffuso, mirando a de-segmentare il sociale: dare vita, cioè,
a reti di solidarietà, alleanze e sinergie tra gruppi e individualità fondate su
relazioni non autoritarie.
Come fare? Nel quotidiano, è bene continuare a resistere e a opporsi
alle politiche del dominio, mettendo in collegamento l’antifascismo con tutte le
altre attività e lotte che portano avanti, con l’obiettivo di produrre un ribaltamento
si senso.
L’antagonismo anche nelle sue espressioni più lucide ed efficaci, non
riesce ancora a innescare questo ribaltamento di senso. Anzi, rischia di creare
ulteriore segmentazione nel momento in cui dà luogo a forme di auto-ghettizzazione,
riproducendo politiche identitarie che nulla hanno a che fare con pratiche di liberazione
e lotta al dominio.
Contemporaneamente, appare sempre più evidente come non ci sia spazio
per ipotesi di riforma – per quanto radicale – dell’ordine delle cose. È necessario
lavorare per una prospettiva rivoluzionaria che inverta la devastante direzione
di marcia della società contemporanea.
(Tratto da un documento su “A” dei compagni
e le compagne del circolo anarchico C. Berneri di Bologna)