Una società anarchica è, di per se stessa, comunista, essa sarà definibile
una volta che noi ci saremo liberati dal peso di tutte le gerarchie interne ed esterne
e avremo abbattuto tutti gli ordinamenti statali-capitalisti. Sarà definita quando
ognuno sarà posto nella condizione materiale di poter seguire liberamente, senza
alcuna ingerenza autoritaria, le sue particolari e inimitabili inclinazioni, fuori
da tutti i tabù e da ogni genere di catene e inibizioni sociali.
E’ logico che questo modo di vedere la questione del vivere individuale
e sociale porti a dar corso a nuove e più attraenti forme di vita liberata. Nella
visione anarchica rivoluzionaria, il comunismo appare epurato da tutti i suoi più
odiosi aspetti religioso-autoritari e viene quindi valorizzato criticamente nei
suoi aspetti positivi, in quanto non mutila ne appiattisce la personalità dei singoli
che comunitariamente lo mettono in pratica, ma, al contrario, il loro associarsi
dà modo di esaltare qualitativamente le singole diversità.
In sostanza, l’utopia anarchica è un invito rivolto agli uomini per vivere
la propria vita da protagonisti e non da anonime comparse, dentro il corso vivo
degli avvenimenti interni ad una umanità non più popolata da fantasmi, ma da individui
in carne ed ossa, divenuti finalmente consapevoli della necessità che l’unico ordine
sociale che si può riconoscere è quello in armonia con il proprio movimento di vita,
con la propria incessante ricerca di libertà e di desideranti orizzonti.
Al mondo dei bisogni creato dal capitale è necessario opporre il mondo
nuovo che ci portiamo dentro. Questo mondo si fonda sulla praticabilità realizzativa
dei nostri più propri desideri. Al giorno d’oggi pensiamo che non sia più valido
dire semplicisticamente che sarà un dato modo di produzione a definire concretamente
una società anarcocomunista. L’atto del produrre, in senso libero, non può essere
disgiunto dall’avvenuta soppressione del lavoro in quanto tale, verso una riscoperta
del gusto artistico soppresso dalla produzione del consumo massificato. Vogliamo
essere artisti e non semplici manovali-artigiani. Quindi, partiamo dalla reintegrazione
in ciascun individuo di tutte le sue facoltà, manuali e intellettuali, trasformando
l’attività umana in attività libera e creativa, in una parola, in attività artistica.
Noi vogliamo realizzare la vita come arte, così non avremo più alcuna necessità
di recarci ai musei, al cinema, al teatro, ecc. Concepiamo lo sviluppo produttivo,
come un fine in se di accrescimento di libertà materiale, per se stessi e nel contempo
per gli altri individui liberatisi dal peso delle costrizioni e rivolti esclusivamente,
con passionalità, a praticare la realizzazione di tutti i propri singolari desideri.