La società dei consumi interiorizza semplicemente la costrizione sociale,
trasformando la paura della repressione in vergogna della emarginazione. Il paradosso
è che la libertà circolante nella democrazia dei consumi “libera” tutte le forme
di licenza corruttrice ed oltretutto miope e contraddittoria in funzione di un unico
scopo, quello dell’interesse esclusivamente individuale che, per corrispondenza
all’abrasione sociale dell’individualità, elimina semplicemente la relazionalità
come condizione e partecipazione all’umanità. Contestare le istituzioni significa,
contestare questo monopolio espropriante che mantiene in uno stato di inferiorità
e di dipendenza permanente anzi progressiva, gli individui che compongono la società
e che invece di maturare attraverso e grazie ad essa sono costretti sempre più e
in ogni campo ad obbedire a chi comanda con una giustificazione che riduce di molto
la differenza tra metodi violenti e metodi democratici, quando questi si avvalgono
di mezzi di persuasione che fanno del consenso una vera e propria abdicazione alla
libertà di giudizio e cioè all’esercizio effettivo della coscienza.