Dopo l'elezione di
Margaret Thatcher nel
La strategia delineata
fu quella di intraprendere un vasto programma di chiusura di unità produttive in
taluni settori, come la siderurgia, le ferrovie e il carbone, di privatizzare e
intaccare il monopolio statale nei settori in espansione come le telecomunicazioni,
e di stabilire un sistema misto pubblico-privato nella sanità, tra ospedali, municipalità
e ditte private.
Uno dei primi obbiettivi
del governo, dopo i lavoratori pubblici e i ferrovieri, fu l'industria del carbone,
una delle più grosse d'Europa, e nel quale esisteva probabilmente il più combattivo
e compatto sindacato inglese il National Union of Mineworkers.
A seguito della decisione
dell'Ufficio Nazionale del Carbone di avviare un piano di ristrutturazione del settore
che avrebbe portato alla chiusura di venti pozzi e al conseguente licenziamento
di decine di migliaia di lavoratori,il 12 marzo 1984, iniziò lo sciopero.
Entro la fine di
marzo la produzione di carbone nel Regno Rnito fu quasi totalmente ferma.
Un ruolo determinante
in questa lotta lo giocarono i picchetti volanti, ai quali parteciparono molti giovani
lavoratori che per la prima volta si trovano coinvolti in un conflitto sociale su
scala nazionale.
Protagoniste durante
tutta la durata dello sciopero furono le donne che non accettarono più il loro ruolo
di subordinazione che le vedeva ad organizzare le attività di sostegno agli scioperanti
ma anzi furono sempre in prima linea nelle assemblee, nei picchetti, nei cortei
e negli scontri con la polizia.
Per fermare i picchetti
il governo inviò circa diecimila polizzioti nei bacini carboniferi che si scatenarono
in cariche feroci sui lavoratori. Una delle principali operazioni della polizia
fu quella di intercettare i picchettatori per impedire che arrivino alle miniere.
L'azione dello stato
non si limitò alla repressione poliziesca: multe e confische di beni colpirono le
organizzazioni sindacali che organizzarono o appoggiarono i picchetti in altre regioni,
addirittura il NUM ricevette una multa di 200 mila sterline per aver organizzato
i picchetti e quando il sindacato si rifiutò di pagarla tutti i suoi fondi vennero
sequestrati dal tribunale di Londra.
Contemporaneamente
ai minatori sciesero in sciopero i ferrovieri e i portuali per evitare che il carbone
venisse importato dall'estero e per dimostrare il loro sostegno ai minatori. Così
facendo riuscirono a portare all'esaurimento la maggior parte delle scorte di carbone
e a costringere allo stop la produzione in altri settori chiave dell'economia britannica,
come le acciaierie.
La reazione del Governo
fu durissima: vennero intensificati i processi, le cariche ai cortei dei lavoratori
e per disperdere i picchetti, si iniziò ad intaccare gli stessi diritti sindacali
con alcuni tribunali che dichiaravano illegali gli scioperi.
Il 1 ottobre 1984
il segretario del NUM viene citato in giudizio per aver difeso la pratica dei picchetti
e aver contraddetto pubblicamente un tribunale che aveva dichiarato illegale lo
sciopero nello Yorkshire.
I parlamentari laburisti
si dissociarono dalle pratiche messe in campo dai lavoratori in lotta arrivando
fino a condannare lo sciopero che stava proseguendo da mesi; di fatto associandosi
alla campagna diffamatoria messa in campo dal governo e dai giornali borghesi contro
l'intera categoria.
Questa campagna unita
alla dura repressione (due lavoratori uccisi dalla polizia; 710 licenziati, circa
10.000 delegati e militanti di base arrestati e in attesa di processo) e all'azione
legale da parte del governo contro il NUM portò una strettissima maggioranza del
congresso del sindacato a decretare la fine dello sciopero il 3 marzo 1985 che comunque,
soprattutto in Scozia e nel Kent, durò ancora diversi giorni.