Il mondo sta cambiando,
dovremo deciderci ad abbandonare senza riserve i concetti fondamentali attraverso
cui abbiamo finora rappresentato i soggetti del politico: l'uomo e il cittadino
coi loro diritti, ma anche il popolo sovrano, il lavoratore, eccetera, e a ricostruire
la nostra filosofia politica a partire da una nuova figura. O meglio, una figura
la quale sarà la fusione tra rifugiato, fuggiasco, fuggitivo, "traditore",
disertore, scopritore e creatore. a prassi del rifugiarsi come pratica non definitoria,
pratica dell'imbastardimento, ossia come creazione. Colui che si rifugia non possiede
un territorio definito ma abita le frontiere. Fugge, scopre e crea. Ci sono dunque
delle analogie tra il rifugiato che trasgredisce il confine e il rivoluzionario
che trasgredisce le frontiere attraversandole e meticciandole.
La trasgressione
dei confini esistenti e la contestazione degli stessi possono ispirare una nuova
forma di cittadinanza, che permetta la coabitazione
di diversi, che consenta alle singolarità di fare comunità senza rivendicare un'identità,
e agli uomini di co-appartenere senza una rappresentabile condizione di appartenenza.
Così come i mondi,
anche i nostri luoghi di enunciazione interiore hanno le proprie geografie. Le transculture
non temono nessuna geografia. La ricerca dei continenti inesplorati deve portare
tino alla vertigine in cui ribolle la materialità e l'immaterialità della vita,
come ci hanno insegnato i surrealisti. Ci deve essere una biologia per scatenare
le forze degli esseri, e le relazioni tra loro, senza usare le inservibili pratiche
della vecchia politica, così come c'è, nella medicina cinese, una tecnica per guarire
parti del corpo, toccando punti sull'estensione
del corpo stesso, lontani dalle parti da curare.