La destra è al
potere! Perché, finora chi c’è stato? Con questo non intendiamo certo
sottovalutare il significato politico della vittoria elettorale di Giorgia
Meloni e del suo partito, eredi ufficiali del fascismo (si legga all’interno
l’intervento di Enrico Ferri), nonostante da mesi stiano sforzandosi di
mostrarsi conservatori moderati, fedeli all’Alleanza Atlantica, non più nemici
dell’Unione Europea, figli pentiti del putinismo, garanti dell’ordine sociale e
clericale e soprattutto del capitalismo nostrano verso cui hanno giurato servilismo
e ossequiosità, ricevendone in cambio denaro e voti.
Una
centro-destra a traino neofascista è sicuramente in grado di velocizzare i
processi reazionari già in atto nel campo dei diritti, del fisco, delle
diseguaglianze sociali, come quando è stato a traino leghista (sia pure diviso
tra governo e “opposizione”). Il fatto è che la forza della destra sta non
nella debolezza del centro sinistra (una democrazia cristiana riveduta e
nemmeno corretta), ma nella sua accondiscendenza alle politiche liberiste,
militariste, clericali, che lo vede protagonista, oramai da molti anni e molti
governi, della distruzione del welfare, dell’acutizzazione delle
diseguaglianze, della gestione militare e repressiva delle crisi sanitaria ed
economica, dell’accanimento razzista verso i migranti, delle politiche di
militarizzazione e guerra. Fattore che ha spinto negli anni verso la destra un
certo bacino elettorale popolare.
L’Italia da anni
è sotto un governo nei fatti di destra, che ha portato avanti programmi e
politiche di destra forse meglio della destra stessa (a spese della sanità,
saccheggiata e privatizzata, della scuola immiserita, del lavoro inselvatichito
e precariatizzato, dei redditi tagliati, e potremmo continuare). Cosa ancora ci
sia da rosicchiare per un governo dichiaratamente di destra, a guida Fratelli
d’Italia, lo staremo a vedere, anche perché ancora non abbiamo toccato il
fondo, ma di certo non siano lontani dal farlo.
Con questa
maggioranza possiamo aspettarci che progetti, come l’autonomia differenziata,
cioè l’acuirsi delle differenze tra regioni ricche e regioni del Mezzogiorno,
voluta dalla destra ma anche dal PD, possa essere accelerata: all’aumento del
sottosviluppo e del degrado meridionale corrisponderà una premialità
economico-politica per il Nord ricco e industriale, la definitiva
privatizzazione della sanità, dell’istruzione, dei servizi essenziali,
lasciando al sud un assistenzialismo straccione e da mera sussistenza, ed il
ruolo storico di bacino per l’estrazione di forza-lavoro.
Sarà sicuramente
nel campo dei diritti (aborto e contraccezione, eutanasia e suicidio assistito,
adozioni, coppie di fatto, identità di genere, ius soli e eguaglianza per i
migranti, ecc.) che Meloni e il suo governo proveranno a infierire,
appoggiandosi però su quanto di peggio hanno fatto in questi anni il PD, i 5
Stelle e compagnia brutta, che in materia di asservimento ai voleri del Monarca
di Roma non sono secondi a nessuno. Su guerra ed emigrazione, dopo la
Turco-Napolitano, la Bossi-Fini, Minniti, Salvini e i decreti sicurezza, sarà
dura per Meloni inventarsi qualcos’altro; il propagandato “blocco navale” non
servirà a risolvere un problema epocale come quello dell’emigrazione, specie
con il livello gravissimo cui è arrivata l’emergenza climatica. Tema, quest’ultimo,
su cui dubitiamo che Meloni e il suo governo abbiano ricette diverse da quelle
dei loro padroni di Confindustria, e cioè: proseguire con l’estrattivismo delle
fonti fossili e con la farsa del capitalismo green.
Resta il campo
dell’ordine pubblico, della gestione dei conflitti sociali, della repressione
di tutti i fenomeni di protesta provocati dalla crescente povertà della
popolazione. Qui la destra-destra potrà sfoderare tutta la propria vocazione
sceriffesca e rimettere in campo quanto Matteo Salvini realizzò nella sua
stagione da Ministro dell’Interno a scapito di immigrati, lavoratori, movimenti
sociali. Sappiamo che nelle forze di polizia è forte il consenso verso “la
prima donna presidente del consiglio”; evidentemente si aspettano una maggiore libertà
(con relativa impunità) di manganellare, picchiare, fermare, abusare,
arrestare, di quanta già non ne abbiamo avuta con i governi rosso-giallo,
giallo-verde, rosa-pallido, grigio-topo e così via.
In tema di
guerra, la ribadita fedeltà al padrone-alleato americano e alla NATO assicura
una continuità in politica estera, l’aumento annunciato delle spese militari e
la disponibilità a proseguire la partecipazione al conflitto in Ucraina
spingendosi magari oltre.
Ci sarà
senz’altro uno spolverio di retorica nazionalistica e patriottarda e una
qualche fuga in avanti nostalgica (vedremo a fine mese per il centenario della
marcia fascista su Roma), soprattutto per quanto riguarda l’immagine (molte più
vie intitolate ad Almirante e ad “eroi” del ventennio o della stagione della
strategia della tensione).
L’importante
sarà non cadere nella trappola di un pericolo fascista sorto solo dopo il 25
settembre. Il fascismo strisciante e reale lo hanno imposto, per rimanere
all’ultimo ventennio, i D’Alema, i Berlusconi, i Monti, i Renzi, i Draghi e
tutti i governi liberisti e guerrafondai, clericali e razzisti che abbiamo
dovuto sopportare. Il 25 settembre ha solo fatto chiarezza. L’antifascismo non
può che essere anticapitalista, antimilitarista, ambientalista e possibilmente
anche antiparlamentare. A chiarezza nel fronte del nemico di classe deve solo
corrispondere chiarezza nel fronte sovversivo.