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mercoledì 12 ottobre 2022

Dopo elezioni: Perde la destra, vince la destra

La destra è al potere! Perché, finora chi c’è stato? Con questo non intendiamo certo sottovalutare il significato politico della vittoria elettorale di Giorgia Meloni e del suo partito, eredi ufficiali del fascismo (si legga all’interno l’intervento di Enrico Ferri), nonostante da mesi stiano sforzandosi di mostrarsi conservatori moderati, fedeli all’Alleanza Atlantica, non più nemici dell’Unione Europea, figli pentiti del putinismo, garanti dell’ordine sociale e clericale e soprattutto del capitalismo nostrano verso cui hanno giurato servilismo e ossequiosità, ricevendone in cambio denaro e voti.

Una centro-destra a traino neofascista è sicuramente in grado di velocizzare i processi reazionari già in atto nel campo dei diritti, del fisco, delle diseguaglianze sociali, come quando è stato a traino leghista (sia pure diviso tra governo e “opposizione”). Il fatto è che la forza della destra sta non nella debolezza del centro sinistra (una democrazia cristiana riveduta e nemmeno corretta), ma nella sua accondiscendenza alle politiche liberiste, militariste, clericali, che lo vede protagonista, oramai da molti anni e molti governi, della distruzione del welfare, dell’acutizzazione delle diseguaglianze, della gestione militare e repressiva delle crisi sanitaria ed economica, dell’accanimento razzista verso i migranti, delle politiche di militarizzazione e guerra. Fattore che ha spinto negli anni verso la destra un certo bacino elettorale popolare.

L’Italia da anni è sotto un governo nei fatti di destra, che ha portato avanti programmi e politiche di destra forse meglio della destra stessa (a spese della sanità, saccheggiata e privatizzata, della scuola immiserita, del lavoro inselvatichito e precariatizzato, dei redditi tagliati, e potremmo continuare). Cosa ancora ci sia da rosicchiare per un governo dichiaratamente di destra, a guida Fratelli d’Italia, lo staremo a vedere, anche perché ancora non abbiamo toccato il fondo, ma di certo non siano lontani dal farlo.

Con questa maggioranza possiamo aspettarci che progetti, come l’autonomia differenziata, cioè l’acuirsi delle differenze tra regioni ricche e regioni del Mezzogiorno, voluta dalla destra ma anche dal PD, possa essere accelerata: all’aumento del sottosviluppo e del degrado meridionale corrisponderà una premialità economico-politica per il Nord ricco e industriale, la definitiva privatizzazione della sanità, dell’istruzione, dei servizi essenziali, lasciando al sud un assistenzialismo straccione e da mera sussistenza, ed il ruolo storico di bacino per l’estrazione di forza-lavoro.

Sarà sicuramente nel campo dei diritti (aborto e contraccezione, eutanasia e suicidio assistito, adozioni, coppie di fatto, identità di genere, ius soli e eguaglianza per i migranti, ecc.) che Meloni e il suo governo proveranno a infierire, appoggiandosi però su quanto di peggio hanno fatto in questi anni il PD, i 5 Stelle e compagnia brutta, che in materia di asservimento ai voleri del Monarca di Roma non sono secondi a nessuno. Su guerra ed emigrazione, dopo la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini, Minniti, Salvini e i decreti sicurezza, sarà dura per Meloni inventarsi qualcos’altro; il propagandato “blocco navale” non servirà a risolvere un problema epocale come quello dell’emigrazione, specie con il livello gravissimo cui è arrivata l’emergenza climatica. Tema, quest’ultimo, su cui dubitiamo che Meloni e il suo governo abbiano ricette diverse da quelle dei loro padroni di Confindustria, e cioè: proseguire con l’estrattivismo delle fonti fossili e con la farsa del capitalismo green.

Resta il campo dell’ordine pubblico, della gestione dei conflitti sociali, della repressione di tutti i fenomeni di protesta provocati dalla crescente povertà della popolazione. Qui la destra-destra potrà sfoderare tutta la propria vocazione sceriffesca e rimettere in campo quanto Matteo Salvini realizzò nella sua stagione da Ministro dell’Interno a scapito di immigrati, lavoratori, movimenti sociali. Sappiamo che nelle forze di polizia è forte il consenso verso “la prima donna presidente del consiglio”; evidentemente si aspettano una maggiore libertà (con relativa impunità) di manganellare, picchiare, fermare, abusare, arrestare, di quanta già non ne abbiamo avuta con i governi rosso-giallo, giallo-verde, rosa-pallido, grigio-topo e così via.

In tema di guerra, la ribadita fedeltà al padrone-alleato americano e alla NATO assicura una continuità in politica estera, l’aumento annunciato delle spese militari e la disponibilità a proseguire la partecipazione al conflitto in Ucraina spingendosi magari oltre.

Ci sarà senz’altro uno spolverio di retorica nazionalistica e patriottarda e una qualche fuga in avanti nostalgica (vedremo a fine mese per il centenario della marcia fascista su Roma), soprattutto per quanto riguarda l’immagine (molte più vie intitolate ad Almirante e ad “eroi” del ventennio o della stagione della strategia della tensione).

L’importante sarà non cadere nella trappola di un pericolo fascista sorto solo dopo il 25 settembre. Il fascismo strisciante e reale lo hanno imposto, per rimanere all’ultimo ventennio, i D’Alema, i Berlusconi, i Monti, i Renzi, i Draghi e tutti i governi liberisti e guerrafondai, clericali e razzisti che abbiamo dovuto sopportare. Il 25 settembre ha solo fatto chiarezza. L’antifascismo non può che essere anticapitalista, antimilitarista, ambientalista e possibilmente anche antiparlamentare. A chiarezza nel fronte del nemico di classe deve solo corrispondere chiarezza nel fronte sovversivo.