Lorenzo Orsetti detto “Orso”, giovane fiorentino caduto
in combattimento contro l’Isis, proprio in Siria, il 18 marzo 2019. Colpito a morte
in uno scontro a fuoco, indossava l’uniforme delle Unità di protezione del popolo
(YPG): non semplicemente l’esercito curdo, ma l’esercito socialista, egualitario
e secolare del Kurdistan.
“Se state leggendo questo messaggio - scriveva prima
di morire Orso - è segno che non sono più a questo mondo. Beh, non rattristatevi
più di tanto, mi sta bene così; non ho rimpianti, sono morto facendo quello che
ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di
giustizia, uguaglianza e libertà”. “Sono tempi difficili - proseguiva la lettera
- lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza: mai! Neppure
per un attimo. Anche quando tutto sembra perduto, e i mali che affliggono l’uomo
e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza e di infonderla
nei vostri compagni. E proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate
sempre che ‘ogni tempesta inizia con una singola goccia’. Cercate di essere voi
quella goccia”.
"Mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono
costruire una società più giusta più equa. L'emancipazione della donna, la cooperazione
sociale, l'ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei
stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos
a Afrin e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi".