Quanto sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania non si può spiegare in
termini politici, ma solo come effetto di una psicosi che non abbiamo saputo
curare.
Quello che accade adesso in Medio Oriente non è che l’ultimo anello di una catena che inizia con la Prima guerra mondiale, la sconfitta dei tedeschi, e la punizione inflitta al popolo tedesco dai francesi e dagli inglesi al Congresso di Versailles del 1919. L’oppressione e l’umiliazione spinsero il popolo tedesco a cercare vendetta: quel desiderio di vendetta si incarnò in Adolf Hitler. Gli ebrei furono la vittima prescelta, accusati senza ragione di avere provocato la sconfitta del 1918.
La Seconda guerra mondiale fu un’immensa tragedia, ma non cancellò
la possibilità di credere in un futuro migliore, anzi la liberazione dai
nazifascisti suscitò un’energia innovativa che coinvolse enormi masse di
popolazione.
Il motto «mai più» era credibile perché nonostante tutto quello che
era successo negli anni precedenti, si pensava fosse possibile costruire un
futuro di uguaglianza, di solidarietà, di “democrazia”.
Iniziò allora un movimento che per i trent’anni successivi permise a
una popolazione prevalentemente giovane di partecipare a un progetto che non
appariva utopico, fondato sull’uguaglianza e sulla pace.
Ma oggi nulla rimane di quel mondo di aspettative e nulla rimane di
quell’energia. Una popolazione invecchiata sia dal punto di vista demografico
sia dal punto di vista intellettuale si ritira spaventata di fronte
all’enormità delle minacce: la guerra è tornata, la minaccia nucleare è sempre
più spesso e sempre più realisticamente impugnata nello scontro tra l’Occidente
e i suoi innumerevoli nemici.
Nulla rimane di quelle aspettative: l’uguaglianza è stata
cancellata, criminalizzata, derisa come un disvalore, come un pericolo per le
sorti della competizione economica. La solidarietà è stata resa impossibile
dalla cultura della competizione e dalla precarietà lavorativa. La pace è stata
trasformata in utopia dal prevalere del cancro politico del nazionalismo.
La persecuzione e lo sterminio degli ebrei negli anni della Seconda
guerra provocò una sofferenza immensa e duratura che cercò sollievo nella
creazione di uno stato criminale che come prima azione scatenò la vendetta
contro un popolo che non aveva nulla a che fare con l'Olocausto, ma che era
sufficientemente debole per diventare la vittima della vittima.
L’umiliazione subita per mano dei nazisti esigeva una compensazione
psichica, e questa compensazione è la persecuzione e lo sterminio del popolo
palestinese. L’esperienza che il popolo palestinese sta subendo mostra che la
catena della vendetta non può essere interrotta. Se due secoli di razionalismo
universalista non l'hanno interrotta, forse dobbiamo concluderne che la ferocia
non può essere domata dalla ragione.
Nazionalismo politico e fanatismo fondamentalista sono le ragioni
d’essere della comunità politica israeliana. La legge che Israele vuole imporre
è quella del più forte, la legge della razza superiore. La legge del dio che si
proclama signore degli eserciti. Un dio razzista di cui il suprematismo bianco
ha tratto origine.