Dal 11 settembre 2011: New York, Madrid, Londra,
Parigi, Bruxelles... hanno avuto il loro quarto d'ora di celebrità. Ma
quindici minuti è il tempo che serve a telecamere e riflettori ad andarsene, lo
stato di guerra rimane. Leggi speciali, limitazione delle libertà, censura,
check point; tutto l'occidente compatto schiera il suo apparato repressivo. In
Italia, dove attentati fin ora non se ne sono visti, ci siamo abituati a vedere
blindati militari per le strade, e non ci stupisce che un giovane arabo venga
arrestato perché due anni prima ha dichiarato che ISIS gli stava simpatico. Lo
stato francese ha approfittato dello shock post attentato per instaurare lo
stato di guerra, con perquisizioni e arresti verso tutti i dissidenti, anche
quelli lontani dall'Islam. Le manifestazioni di protesta sono state bloccate,
mentre i grandi eventi sportivi continuavano ed i centri commerciali rimanevano
aperti. I grandi assembramenti di consumatori, sono stati inspiegabilmente
considerati sicuri.
La verità è che questi dispositivi di controllo
sono inutili nella lotta al terrorismo, che può ben poco di fronte ad azioni
individuali e suicide. In questo clima di terrore l'uomo della strada si sente
più sicuro con la canna del mitra di un alpino puntata in testa. Lo spauracchio
del terrorismo permette la costruzione di un conflitto culturale, di una logica
del 'noi e loro', utile all'ascesa di forze estremiste ed intolleranti. La
nostra società viene presentata come la migliore immaginabile, nella quale
cristianità e capitalismo avrebbero favorito benessere, giustizia sociale,
diritti civili e libertà. Dimenticando volutamente che, solo mezzo secolo fa,
l'Europa era segnata da un bigottismo cattolico integralista: in Italia delitto
d'onore e matrimonio riparatore sono stati aboliti solo nel 1981. Dimenticando
volutamente che i diritti presentati come insiti nella cultura occidentale sono
stati ottenuti con lunghe stagioni di conflitto, che hanno lasciato dietro di
sé decine di morti. I nostri regnanti ricordano molto bene la storia e per
rimangiarsi una ad una queste concessioni innalzano la bandiera della
"tradizione occidentale", che non è umanistica e illuminista ma
bigotta e conservatrice.
Questa logica del "noi o loro", è la stessa usata
da ISIS nella costruzione del consenso e obbliga tutti i musulmani presenti in
Europa a schierarsi: da un lato hanno una dittatura fascista che si arroga il
diritto di essere la risposta per tutti i fedeli del mondo (sunniti) e che non
esita a torturare e uccidere chi non sposa la parola del califfo; dall'altro ci
sono le democrazie occidentali, raggiunte sognando benessere e spesso libertà,
ma che presentano sempre più la faccia del capitalismo schiavista e razzista.
Non importa che tu sia arabo o caucasico, cattolico o mussulmano, hai sempre
qualcuno sopra la testa che ti insegna chi odiare, per imparare ad amare un po’
di più lui!
Sicuramente sganciare missili con scritto "from
paris with love" contro i civili già schiacciati dalla dittatura Daesh non
aiuta ad uscire da questa spirale di odio. L'unica soluzione è quella di
smettere di dare legittimità a chi fa la guerra in nostro nome, smascherare
guerre postcoloniali, dove testare alleanze e vendere armi, dove le vite di
milioni di persone sono trasformate in pedine di un enorme risiko di affaristi.
Nel momento in cui il ministro degli affari
esteri Gentiloni richiedeva al governo egiziano, con toni minacciosi, la
"vera verità" per Giulio Regeni, l'azienda Thales Alenia Space
(Finmeccanica) festeggiava un affare dal 600 milioni concluso con lo stesso
governo di Al Sisi.
Mentre la Turchia foraggia apertamente l'ISIS e bombarda i
curdi nel sud est del paese, riceve dall'Europa 6 miliardi di euro, per tenere
chiuse le frontiere e allontanare così "pericolosi islamici"
dall'occidente.
E la guerra continua, così come continua a
prosperare chi produce armi o appalta la sicurezza nazionale, così come
continuano a crescere risentimenti e odi tra culture diverse. Le uniche cose
che non prosperano né in occidente né in oriente sono sicurezza e libertà. A
Ventimiglia c'è un'ordinanza firmata dal sindaco che vieta di fornire
sostegno alimentare ai migranti senza documenti regolari, un divieto utile solo
a costruire odio. Solo nel momento in cui abbandoneremo il nazionalismo
culturale saremmo tutti più al sicuro, al riparo da vendette e oppressioni, perché non c'è sicurezza nella guerra. Le fabbriche di morte sono dietro casa
nostra, così come le caserme e gli apparati decisionali, solo nel momento in
cui riusciremo ad inceppare questa macchina saremo tutti più al sicuro, perché non c'è sicurezza nella guerra.