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sabato 14 maggio 2016

Contro tutti gli eserciti per un mondo senza frontiere

Dal 11 settembre 2011: New York, Madrid, Londra, Parigi, Bruxelles... hanno avuto il loro quarto d'ora di celebri­tà. Ma quindici minuti è il tempo che serve a telecamere e riflettori ad andarsene, lo stato di guerra rimane. Leggi speciali, limitazione delle libertà, censura, check point; tutto l'occidente compatto schiera il suo apparato repres­sivo. In Italia, dove attentati fin ora non se ne sono visti, ci siamo abituati a vedere blindati militari per le strade, e non ci stupisce che un giovane arabo venga arrestato perché due anni prima ha dichiarato che ISIS gli stava simpatico. Lo stato francese ha approfittato dello shock post attentato per instaurare lo stato di guerra, con perquisizioni e arresti verso tutti i dissidenti, anche quelli lontani dall'Islam. Le manifestazioni di protesta sono state bloccate, mentre i grandi eventi sportivi continuavano ed i centri commerciali rimanevano aperti. I grandi assembramenti di consumatori, sono stati inspiegabilmente considerati sicuri. 
La verità è che questi dispositivi di controllo sono inutili nella lotta al terrorismo, che può ben poco di fronte ad azioni individuali e suicide. In questo clima di terrore l'uomo della strada si sente più sicuro con la canna del mitra di un alpino puntata in testa. Lo spauracchio del terrorismo permette la costruzione di un conflitto culturale, di una logica del 'noi e loro', utile all'ascesa di forze estremiste ed intolleranti. La nostra società viene presentata come la migliore immaginabile, nella quale cristianità e capitalismo avrebbero favorito benessere, giustizia so­ciale, diritti civili e libertà. Dimenticando volutamente che, solo mezzo secolo fa, l'Europa era segnata da un bigottismo cattolico integralista: in Italia delitto d'onore e matrimonio riparatore sono stati aboliti solo nel 1981. Dimenticando volutamente che i diritti presentati come insiti nella cultura occidentale sono stati ottenuti con lunghe stagioni di conflitto, che hanno lasciato dietro di sé decine di morti. I nostri regnanti ricordano molto bene la storia e per rimangiarsi una ad una queste concessioni innalzano la bandiera della "tradizione occidentale", che non è umanistica e illuminista ma bigotta e conservatrice.
Questa logica del "noi o loro", è la stessa usata da ISIS nella costruzione del consenso e obbliga tutti i musulmani presenti in Europa a schierarsi: da un lato hanno una dittatura fascista che si arroga il diritto di essere la risposta per tutti i fedeli del mondo (sunniti) e che non esita a torturare e uccidere chi non sposa la parola del califfo; dall'altro ci sono le democrazie occidentali, raggiunte sognando benessere e spesso libertà, ma che presentano sempre più la faccia del capitalismo schiavista e razzista. Non importa che tu sia arabo o caucasico, cattolico o mussulmano, hai sempre qualcuno sopra la testa che ti insegna chi odiare, per imparare ad amare un po’ di più lui!
Sicuramente sganciare missili con scritto "from paris with love" contro i civili già schiacciati dalla dittatura Daesh non aiuta ad uscire da questa spirale di odio. L'unica soluzione è quella di smettere di dare legittimità a chi fa la guerra in nostro nome, smascherare guerre postcoloniali, dove testare alleanze e vendere armi, dove le vite di milioni di persone sono trasformate in pedine di un enorme risiko di affaristi.
Nel momento in cui il ministro degli affari esteri Gentiloni richiedeva al governo egiziano, con toni minacciosi, la "vera verità" per Giulio Regeni, l'azienda Thales Alenia Space (Finmeccanica) festeggiava un affare dal 600 milioni concluso con lo stesso governo di Al Sisi.
Mentre la Turchia foraggia apertamente l'ISIS e bombarda i curdi nel sud est del paese, riceve dall'Europa 6 miliardi di euro, per tenere chiuse le frontiere e allontanare così "pericolosi islamici" dall'occidente.
E la guerra continua, così come continua a prosperare chi produce armi o appalta la sicurezza nazionale, così come continuano a crescere risentimenti e odi tra culture diverse. Le uniche cose che non prosperano né in occidente né in oriente sono sicurezza e libertà. A Ventimiglia c'è un'ordinanza firmata dal sindaco che vieta di fornire sostegno alimentare ai migranti senza documenti regolari, un divieto utile solo a costruire odio. Solo nel momento in cui abbandoneremo il nazionalismo culturale saremmo tutti più al sicuro, al riparo da vendette e oppressioni, perché non c'è sicurezza nella guerra. Le fabbriche di morte sono dietro casa nostra, così come le caserme e gli apparati decisionali, solo nel momento in cui riusciremo ad inceppare questa macchina saremo tutti più al sicuro, perché non c'è sicurezza nella guerra.