Émile Henry nacque il 26 settembre 1872
a Barcellona. Cresciuto in un ambiente aristocratico liberale, suo padre,
comunardo ed uno dei primi comunisti francesi, fu condannato a morte dopo la
repressione della Comune, ma riuscì a fuggire in Spagna dove nacque Émile e il
fratello Fortuné (anche lui diverrà anarchico). Già da giovane constatò con i
propri occhi le profonde ingiustizie del mondo, per questo aderì al movimento
anarchico nel 1891. Influenzato probabilmente dal fratello maggiore, abbracciò
l’ala più intransigente dell'anarchismo: l'anarchismo insurrezionalista.
Subito messo
sotto sorveglianza dalla polizia, il 30 maggio 1892 fu fermato dopo una
riunione pro-Ravachol e rilasciato dopo la perquisizione del suo domicilio. L'8
novembre 1892, Émile collocò una bomba davanti alla sede della società miniere
di Carmaux, come gesto di solidarietà in favore dei minatori. La bomba fu però
trovata prima che esplodesse da un poliziotto imprudente, che addirittura la
portò in commissariato: fu una strage (6 morti).
Rifugiatosi immediatamente in Gran
Bretagna, a Londra, ma poi rientrò clandestinamente a Parigi alla fine del
dicembre 1893 ed iniziò a fabbricare esplosivi.
Nel dicembre del 1893, Auguste Vaillant
fece esplodere una bomba contro la Camera dei deputati francese. L'attentato
non fece alcuna vittima, ma sparse il terrore: era ormai evidente che gli
anarchici potevano colpire al cuore il potere (infatti l'anno successivo Sante
Caserio riuscì a far fuori il presidente Carnot pugnalandolo). Vaillant venne
condannato a morte. Fu dunque per vendicarlo che Émile Henry, il 12 febbraio
1894, una settimana dopo la condanna di Vaillant, gettò una bomba al Cafè Terminus,
alla Gare St. Lazare. Tentò la fuga, ma fu inseguito e catturato dalla polizia.
Il processo contro Émile Henry si tenne
a Parigi ed iniziò il 27 aprile 1894. Il giudice non gli diede alcuna
attenuante, che peraltro nemmeno cercava.
Orgogliosamente rivendicò le sue
azioni, e rivolgendosi alla corte e alla
giuria che lo condannò alla ghigliottina dichiarò:
“[…]
Io sono anarchico da poco. Solo verso la metà del 1891 mi sono lanciato nel
movimento rivoluzionario. Prima ero vissuto in ambienti completamente imbevuti
della morale attuale. Io ero abituato a rispettare ed anche ad amare i princìpi
della patria, famiglia, autorità e proprietà.
Ma
gli educatori della generazione attuale dimenticano troppo frequentemente una
cosa, che la vita, con le sue lotte e le sue delusioni, con le sue ingiustizie
e le sue iniquità, si incarica, l'indiscreta, di aprire gli occhi agli
ignoranti e di aprirli alla realtà. È ciò che mi è accaduto, come accade a
tutti. Mi avevano detto che questa strada era facile e largamente aperta agli
intelligenti e agli energici, e l'esperienza dimostrò che solo i cinici e le persone
servili possono trovarsi un buon posto al banchetto.
Mi
avevano detto che le istituzioni sociali sulla giustizia e l'uguaglianza, e non
provo intorno a me e che menzogne e furberia. Ogni giorno che passava mi
toglieva una illusione. Dove andavo erano testimone degli stessi dolori presso
gli uni, né gli stessi godimenti presso gli altri. Dove andavo erano testimone
degli stessi dolori presso gli uni, degli stessi godimenti presso gli altri.
Non tardai a capire che le grandi parole e mi avevano insegnato a venerare:
onore, devozione, dovere, non erano che una maschera che nascondeva le più
vergognose turpitudini.
L'industriale
che costruiva una fortuna colossale sul lavoro dei suoi operai i quali, invece,
mancavano di tutto, era una persona onesta. il deputato, Il ministro le cui
mani erano sempre aperte alle bustarelle, erano devoti al bene pubblico.
L'ufficiale che sperimentava un nuovo modello di fucile sui bambini di sette
anni, aveva fatto il suo dovere e, in pieno parlamento, il presidente del Consiglio
gli faceva le sue felicitazioni. Tutto quello che ho visto mi spinse alla
rivolta e il mio animo si dedicò alla critica della organizzazione sociale.
Questa critica è stata fatta troppo spesso perché io la rifaccia. Mi basterà
dire che diventa il nemico di una società che giudicavo criminale.
Attirato
per un momento dal socialismo, non tardai ad allontanarmi da quel partito.
Avevo troppo amore per la libertà, troppo rispetto per l'iniziativa
individuale, un nell'esercito alto del quarto Stato. D’altra parte mi accorsi
che, in fondo, il socialismo non cambia niente all'ordine attuale. Esso
mantiene il principio autoritario, e questo principio, nonostante ciò che ne
possono dire i pretesi liberi pensatori, non è che un vecchio rimasuglio della
fede in una potenza superiore.
[…]
Nella guerra da noi dichiarata alla borghesia non chiediamo pietà. Diamo la
morte e sappiamo subirla. Per questo attendo con indifferenza il vostro
verdetto. So che la mia testa non sarà l'ultima che taglierete. Aggiungerete
altri morti alla lista sanguinosa dei nostri morti. Impiccati a Chicago,
decapitati in Germania, garrotati a Xerès, fucilati a Barcellona,
ghigliottinati a Montbrison e a Parigi, i nostri morti sono numerosi; ma voi
non siete riusciti a distruggere l'anarchia. Le sue radici sono profonde. Essa
è nata nel seno di una società putrefatta e vicina alla sua fine; essa è una
violenta reazione all'ordine stabilito; essa rappresenta le aspirazioni di
uguaglianza e libertà che distruggono l'attuale autoritarismo. Essa è dovunque.
Questo la rende indomabile, per questo finirà coll'uccidervi”.
Fu condannato a morte e ghigliottinato
il 21 maggio 1894 all'età di 21 anni.