..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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giovedì 16 giugno 2016

Anarchia e violenza

Avete sentito parlare di anarchismo come una diavoleria medievale di cospiratori cavernicoli, dinamitardi, sanguinari, spietati, negatori e disprezzatori di tutto ciò che può costituire un valore morale della vita. Ma l'anarchico è costituzionalmente ed è essenzialmente un non violento, anche se taluno può aver fatto gratuitamente, quanto spropositatamente, l'apologia della violenza. Questa è il momento passionale della reazione; essa è inevitabile come la reazione. Non solo, ma talvolta è sacra come il diritto alla vita. E le sue conseguenze ricadono sulla responsabilità di chi ne è stato la causa.
La violenza è madre di violenza. E alcune volte è sacra, dicevo. Sacra è stata la violenza dei partigiani contro i nazi-fascisti; sacra è stata la violenza dei popoli colonizzati contro i colonizzatori, sacra è la violenza di un popolo che vuole liberarsi dai tiranni, dagli oppressori e dai dittatori; sacra sarà ogni violenza capace di evitare un male maggiore di quello che essa stessa costituisce. Ma il tema della violenza non rientra in quello dell'anarchismo, bensì interessa il raggio più ampio della storia e della legge dell'antagonismo insito nella natura di tutte le cose. Noi anarchici, anzi, siamo tali in quanto negatori della violenza su cui si basa a tutt'oggi la società umana.
Le favole inventate sul conto degli anarchici e quel certo alone di timore che ancora ci circonda sono un documento storico della criminalità dell'umanità inferiore, manifestatesi attraverso i criteri di governi e di polizie che trovano leciti, legittimi e legali i mezzi della malafede, della menzogna, della calunnia e del bavaglio per colpire chi costituisce una minaccia perenne per chi vive di parassitismo, di rendite sulle refurtive sociali.
La violenza può essere contro-violenza, espressione di legittima difesa e di coraggio che irrompe anche col rischio della vita. Non credete che strappare un debole dalle mani di chi lo aggredisce sia un bisogno spirituale, prima che un dovere di protezione verso se stesso? Il bene e il male fatto agli altri ritornano indirettamente su noi stessi. Ogni azione è come una pietra gettata sulla superficie di uno stagno in cui siamo sommersi: le onde circocentriche, anche se diventate impercettibili, ci raggiungono prima o poi. Ebbene, non è diverso il sentimento di chi vuole strappare gli indifesi (o se stesso) all'oppressione, allo sfruttamento ed al sarcasmo dei padroni. Vi è un'esplosione dell'azione liberatrice e vendicatrice, tanta passione e tanta poesia quanto basta per dire all'uomo che la solidarietà dei suoi simili non è morta e che egli ha motivo di sperare e di riconciliarsi con la vita.
Vero è che l’anarchismo ha fatto il suo ingresso nella storia "ufficiale" con scoppio di bombe, ma ciò va inquadrato e spiegato nella situazione politica del tempo. Vi era da un lato una repressione sistematica e spietata, da parte della polizia, di chiunque semplicemente si proclamasse anarchico o fosse sospettato d'esserlo, ma nel caso specifico, si tratta comunque di "note singole e singolari" che non conferiscono la fisionomia dell'ideologia anarchica. Non solo, ma anche l'idea "anarchica" ha avuto il suo progresso di maturazione ed oggi essa si può presentare scevra da ogni infantilismo d'origine. La violenza fisica è solo un episodio marginale, individuale e contingentale dell'anarchismo e non mai una posizione sistematica di principio, che è propria di un movimento specificamente terroristico.
D'altronde recita una canzone anarchica (La ballata del Pinelli):
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Anarchia non vuol dire bombe
ma uguaglianza nella libertà
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