Una tematica sempre attuale e
ricorrente, proporzionale purtroppo a tutte le volte che l’uomo ha considerato
“l’altro” un nemico da abbattere, in nome di un confine, di una bandiera, della
retorica della razza o della nazione. Lo Stato, o l’autorità in generale, ha
opportunisticamente ed ossessivamente eretto sempre un muro, una gabbia, un
carcere, tra un uomo ed un suo “simile”. La convinzione della natura
intrinsecamente malvagia dell’uomo, lupo verso l’altro, è stata ampiamente
confutata da una ricca corrente filosofica, antropologica e sociologica capace
di svelare la strumentalità di tale concezione a solo discapito del potere,
come garanzie di controllo e stabilità raggiunte, inducendo ed imponendo nella
psiche dell’uomo il terrore sociale, al punto tale da generare incessantemente
divisioni, leggi, guerre e paure.
Tutti gli anarchici non possono che
essere antimilitaristi, perché tutti gli anarchici rifiutano l’autoritarismo,
la gerarchia militare e l’uso degli eserciti come strumento di repressione o di
sostegno al capitale. Tutti gli anarchici odiano la violenza ed auspicano una
società pacifica ed egualitaria.
Con il termine Antimilitarismo si cerca
di delineare e definire un movimento sociale, e al contempo un ideale, che si
pone in netta opposizione alla guerra e alle sue istituzioni militari, e si
schiera fortemente contro le pratiche di esaltazione e diffusione dello
spirito militaristico.
Gli eserciti “moderni” nascono accanto
alla nascita, ma soprattutto all’affermazione delle Entità Statali, con il
compito della repressione tramite l’utilizzo della forza. In sostanza il
compito principale degli eserciti è sempre storicamente stato quello di
difendere le classi dominanti e i loro interessi, arrivando con l’affermarsi
del Capitalismo a livello nazionale e mondiale a difendere sempre più
l’interesse del capitale, rimanendo di fatto assoggettati ad esso.
Bisogna cominciare a muoversi seriamente
per la costruzione di società non più militarizzate, dove perda di senso l’esistenza
stessa degli eserciti e dei corpi paramilitari. Il bisogno della difesa è
innanzitutto bisogno di difesa dalle logiche di guerra e da chi le sostiene e
le organizza. Basta dunque con l’esistenza degli eserciti, di ogni base
militare e di caserme su tutti i territori. La lotta contro le basi militari
non può limitarsi a non volerle dalle proprie parti, per tutti i problemi di
presenza territoriale che comportano, bensì deve chiaramente esprimersi per il
ripudio della loro esistenza da qualsiasi parte. Bisogna inoltre cominciare a
lottare per la fine della ricerca tecnologica e della costruzione di armi. La
richiesta forte di riconversione delle industrie di armi in luoghi di
fabbricazione e costruzione di cose utili a vivere meglio e in pace è sempre più
urgente. Se il pacifismo vuole veramente essere coerente e diventare
efficiente, deve così collegarsi a logiche e a pratiche generali di
emancipazione e di ricerca di nuovi modelli di vita e di convivenza, fondati
sulla solidarietà, su relazioni reciproche e condivise e avulsi da logiche di
sopraffazione, di egemonia e di dominio.