Che cosa rischia di succedere il giorno
in cui il crac finanziario o qualunque altro trucco del capitale toglierà al
denaro il suo valore e la sua utilità?
La sua scomparsa, non c’è dubbio, sarà
salutata come una liberazione da quanti gli negano il diritto di tiranneggiare
la loro vita quotidiana. Tuttavia, il feticismo del denaro è talmente
incrostato nei nostri costumi che molti individui assoggettati al suo giogo
millenario, finiranno per trovarsi in preda a quegli scompensi emotivi in cui
regna la legge della giungla sociale, in cui si scatenano la lotta di tutti
contro tutti e la violenza cieca in cerca di capri espiatori. Non dobbiamo
sottovalutare i tentacoli della piovra intrappolata nei suoi ultimi rifugi. Il
crollo del denaro non implica, infatti, la fine della depredazione, del potere,
dell’appropriazione degli esseri e delle cose. L’esacerbarsi del caos, tanto
utile alle organizzazioni statali e mafiose, propaga un virus di
autodistruzione i cui rigurgiti nazionalisti, gli sfoghi sfocianti in genocidi,
i conflitti religiosi, i rigurgiti della peste fascista, bolscevica o
integralista rischiano di avvelenare gli spiriti se l’intelligenza sensibile
del vivente non rimette al centro delle nostre preoccupazioni la questione
della felicità e della gioia di vivere. Per contro, non bisogna che la disumanità
del passato cancelli la memoria dei grandi movimenti di emancipazione in quel
che ebbero di più radicale: la volontà di liberare l’uomo alienato e di far
nascere in lui quella vera umanità che riappare di generazione in generazione.
La società a venire non ha altra scelta
che quella di riprendere e sviluppare i progetti di autogestione che dalla
Comune di Parigi alle collettività libertarie della Spagna rivoluzionaria,
hanno fondato sull’autonomia degli individui una ricerca di armonia in cui la
felicità di tutti fosse solidale con la felicità di ciascuno.
Il fallimento dello Stato obbliga le
collettività locali a mettere in atto una gestione del bene pubblico più adatta
agli interessi vitali degli individui. Sarebbe illusorio pensare che liberare
dei territori dal dominio mercantile e instaurare delle zone in cui i diritti
umani sradichino il diritto del commercio e della redditività si possa compiere
senza urti. Per tanto dovremo immaginare di difendere le enclavi della gratuità
che cercheremo di impiantare in un mondo rastrellato e controllato da un
sistema universale di depredazione e di cupidigia con strumenti nuovi efficaci
consapevoli del fatto che non potremo mai competere sul piano strettamente
militare con i professionisti della violenza che il sistema può mettere in
campo.