Solo dei morti o degli zombi possono
ignorarlo, perché essere in vita significa, appunto, per ognuno, reinventarsi
creativamente ogni giorno, lasciarsi portare spontaneamente dalla propria
voglia/volontà di vivere a rifiutare a ogni tornante l’addomesticamento
produttivista che insidia appunto la creatività e il dono da cui derivano
istanti di felicità. Il susseguirsi di tali istanti nel’universo
caleidoscopico di un’esistenza dà un senso alla nostra vita. Bene o male che ci
si riesca, è comunque sempre su questo punto che si giocano tutte le
prospettive dell’umano in una società disumanizzata dal profitto e dalle sue
regole.
Quella che in mancanza di meglio (o di
un termine adeguato) continuiamo a chiamare democrazia diretta, a differenza di
tutte le altre forme di governo che l’hanno preceduta, non è una nuova forma di
potere ma la primizia concreta della sua definitiva abolizione.
Una tale rottura di paradigma, tuttavia,
implica anche un cambiamento radicale nei metodi e nei mezzi della lotta
politica. Essa segna definitivamente la fine di ogni possibile leninismo, di
ogni avanguardia che s’instauri per auto proclamazione nella gestione degli
affari comuni.
Il vecchio mondo fondato sulla proprietà
privata e sulla divisione del lavoro è disponibile a tutte le variazioni della
scala gerarchica ma non può minimamente sopportare che la gerarchia sia abolita
senza scomparire ipso facto.
In questo senso la democrazia diretta è
incompatibile con la società dominante fondata sulla coppia Stato/mercato
quanto con tutte le forme alienate di contestazione sociale.
Finché il potere in difficoltà riuscirà
a identificare un’avanguardia separata come nemico, la recupererà o l’abbatterà
per sopravvivere, indicandola alle masse confuse come capro espiatorio di
turno.
Si può osservare con tristezza e
consapevolezza che finora tutti i tentativi avanguardisti d’instaurazione di
una democrazia diretta sono falliti nella repressione e nel sangue.
La vita appartiene a una nobiltà poetica
di signori senza schiavi, il legame tra le nostre emozioni individuali, la loro
valenza soggettiva e il loro depositarsi in dono e partecipazione sociale,
trasforma l’ambito del politico in critica pratica della vita quotidiana.