Tante, troppe, le donne che faticano a liberarsi da una relazione
violenta. Il ricatto dei figli, la mancanza di un reddito proprio, le minacce
di morte rendono difficile riprendersi la propria vita. I tribunali che
indagano le vite delle vittime, gli assistenti sociali che scrutano la
quotidianità di chi dice no alle botte, agli stupri, alle umiliazioni
condiscono il tutto del sapore acre dell’aceto.
Per le migranti senza documenti la strada è una salita ancor più
ripida. Per molte il permesso di soggiorno è legato al quello del marito, per
tutte le altre, se perdi il lavoro perdi il permesso.
É successo anche ad Olga, badante ucraina, che non è riuscita a
trovare un nuovo impiego, dopo la morte della donna anziana di cui si occupava.
Olga non è il suo nome vero, ma la sua storia è lo specchio di
quella di tante altre donne, che un giorno bussano alla polizia per denunciare
la violenza di quello che per un po’ è stato il proprio compagno. La polizia le
ha chiesto i documenti, il permesso, e l’ha subito spedita al CIE di Ponte
Galeria a Roma, uno dei quattro rimasti aperti dopo anni di rivolte ed evasioni.
Di oggi la notizia che il governo ha stanziato i soldi per
finanziare l’apertura di altri 15 CIE, ora ribattezzati CPR – centri per
l’espulsione e per coprire le spese per le deportazioni.
Olga sarebbe dovuta partire oggi: la polizia italiana le aveva
prenotato un posto in un volo di sola andata per l’Ucraina. All’ultimo è stata
presa la decisione di lasciarla al CIE. Forse l’eco mediatica della sua vicenda
ha indotto il ministero dell’Interno a una maggiore prudenza. Forse. Forse è
stato solo uno dei tanti inghippi burocratici che ingarbugliano la vita dei
migranti.
Olga è una delle tante donne che restano impigliate nella rete delle
espulsioni. Una delle tante donne che, oltre ai controlli e agli abusi che
investono tutti i senza documenti durante controlli e retate, subiscono
violenze in quanto donne. Molestie e stupri nei centri di detenzione sono stati
raccontati dalle donne che hanno corso il rischio di raccontare la propria
storia. Donne che hanno lottato ed hanno avuto la fortuna di incrociare chi era
disposto ed ascoltare e far circolare le loro voci.