"Solo
quando ci siamo perduti, in altre parole, solo quando abbiamo perduto il mondo,
cominciamo a trovare noi stessi, e a capire dove siamo, e l'infinita ampiezza
delle nostre relazioni."
... così
scriveva Henry David Thoreau in Walden ovvero Vita nei boschi, un libro (e un
esperimento) che l'autore scrisse in forma di diario durante un soggiorno di
due anni nella campagna del Massachusetts (fra il 1845 e il 1847). Thoreau
racconta meticolosamente la sua vita quotidiana, e solitaria... in una natura
da scoprire, ma le sue riflessioni vanno oltre quell'esperienza interiore per
approdare alla politica, l'economia e la società degli Stati Uniti, allora in
forte espansione. Walden è una prova di sopravvivenza ma soprattutto una
testimonianza, un esempio che l'autore vuole consegnare all'umanità: il saper
vivere anche in condizioni di povertà materiale sottolineando che in questa
semplicità l'uomo conosce ancora meglio se stesso, i suoi bisogni e i suoi limiti.
Perdere il mondo significa ritrovare se stessi, che è la condizione da cui
partire secondo Thoreau per realizzare e realizzarsi in una società paritaria.
Questi principi li ritroviamo in qualche modo ancora oggi in realtà come gli
Ecovillaggi – di cui ho parlato nello scorso numero soffermandomi sugli
Ecosardi – ma ora vorrei approfondire l'argomento dando uno sguardo alle
comunità anarchiche.
La lista è lunga
e in ogni parte del mondo si trovano esempi, durati anche molti anni.
I primi
esperimenti da ricordare sono sicuramente: La Comune di Parigi nel 1871, la
colonia anarchica Cecilia in Brasile nel 1890 (vedi box), del 1918 la
Machnovščina (o Armata nera) l'esercito insurrezionalista d'Ucraina che, sotto
la guida del comandante Nestor Ivanovič Machno, difendeva l'idea di un
comunismo non autoritario: con la consegna delle terre ai braccianti riuscirono
anche se per poco, ad autogovernarsi. Altrettanto nota, durante la guerra
civile in Spagna, l'esperienza delle organizzazioni anarco-sindacaliste che gestirono
autonomamente i trasporti pubblici e le aziende produttive sia industriali che
agricole e riuscirono a collettivizzare le terre confiscate ai latifondisti.
Oggi come ieri,
continuano a venire alla luce realizzazioni di società autogestite che si allontanano
dichiaratamente dagli schemi capitalistici:dal consumismo così come dalla
dominazione e dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. La volontà è quella di
costruire una società alternativa al modello dominante dove è possibile
raggiungere il benessere fisico e morale attraverso la collettivizzazione, la
cooperazione e l'autogestione seguendo il principio dell'uguaglianza tra uomini.
Ciò che resta
fermo in una comunità anarchica è certo l'abolizione dell'idea dello Stato,
(entità simile a Dio) che organizza la vita dei suoi cittadini, e li sottomette
alla propria volontà.
Il potere
costituito, secondo gli anarchici è sempre illegittimo perché non rappresenta
la società ma i suoi propri interessi (a questo proposito si ricorda spesso
l'esempio del pastore e del gregge - dove è evidente che il pastore non
rappresenta il gregge e solo apparentemente fa gli interessi di questo - ma
come dice l'inno dell'individualista "finchè siam gregge è giusto che ci
vi sia cricca social per leggi decretar – e ancora – "finchè non splende
il sol dell'anarchia vedremo sempre il popol trucidar"); ma lo
Stato/padre/padrone ha dalla sua parte l'idea, peraltro largamente diffusa, di
conoscere i bisogni dell'uomo e di essere capace di risolverli nel migliore dei
modi (e dei mondi...) possibili.
Così, tanto per
dirne qualcuna, è lo Stato che decide come una società deve vivere, come deve
pensare e come deve essere organizzata. E, sempre secondo gli anarchici, più lo
Stato funziona peggio è... "il miglior governo possibile è quello che
governa meno" dice Thoreau in "La disobbedienza civile".
Comunque, per
tornare alle comuni non è certo facile mettere in discussione il modello
sociale in cui si vive, come non è facile assumere il peso e la responsabilità
di un modello di vita indipendente. Nell'autogestione infatti, non esiste la
delega, se c'è un problema qualsiasi questo viene risolto da tutti, insieme.
L'organizzazione della colonia è nelle mani di chi ci vive, e non pensate che
ci sia il caos tipo: se non c'è il gatto i topi ballano... se vi capita fate un
salto a Urupia, in Puglia, per capire al meglio il concetto: troverete una
comune anarchica che dal 1995 vive seguendo la filosofia libertaria. Qui, tutti
hanno gli stessi diritti e tutti lavorano per la comunità in base alle proprie
capacità, e le decisioni vengono prese all'unanimità secondo una struttura
orizzontale. Non c'è lo Stato ma c'è una ottima progettazione, non ci sono
crimini, non c'è proprietà privata, e c'è una forte attenzione alla dignità
personale, all'autostima, all'autonomia, alla creatività e alla libertà, a
quella vera, quella con la L maiuscola, quella di cui parlava Errico Malatesta:
"La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio
volere, ma il potere di farlo" e ancora "In società, tuttavia, la
libertà non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della
solidarietà e dell'amore verso gli altri."
Un caso di
colonia libertaria che dura da più di 40 anni è in Danimarca e si chiama
Christiania: era il 1971 quando un gruppo di anarchici decise di occupare un'
ex base militare per dare vita ad una nuova comunità, autogestita ed
economicamente indipendente. Una società alternativa a quella dominante, un
esempio di come anche senza alcuna gerarchia e autorità è possibile vivere. Fin
da subito gli abitanti, ora arrivati a circa un migliaio, si sono impegnati
nella costruzione di case, botteghe, asili, cinema, teatri... fino a diventare
una piccola città a tutti gli effetti e una delle principali attrazioni
turistiche della capitale, con la particolarità di essere una città libera,
così come viene chiamata, basata sul principio della proprietà collettiva. Tra
le sue particolarità vanta una fabbrica di biciclette -Christiania Bikes-
inventate proprio qui e distribuite in tutto il mondo. Infatti tra le regole di
Christiania c'è quella che vieta l'utilizzo di automobili. Eh si ci sono delle
regole! Ma autogestione significa anche questo, sapersi dare un proprio
regolamento, che sia condiviso e anche discusso da tutta la comunità.
LA CECILIA
La colonia
anarchica Cecilia nacque nel 1890 in Brasile, per volontà di Giovanni Rossi un
agronomo anarchico - giornalista e attivista - che volle vivere concretamente
quelle idee libertarie in cui credeva. In molti lo seguirono, migranti europei
per lo più - in particolare di nazionalità italiana - che volevano vivere
l'anarchia subito, oltre che sfuggire alle persecuzioni politiche che da sempre
hanno attanagliato il movimento. I coloni cercarono così di vivere nella più
totale autonomia: si costruirono delle case in legno, coltivavano la terra, e
riuscirono ad organizzare una fabbrica di scarpe e una scuola; ma la scarsa conoscenza
del territorio, insieme alla difficile convivenza con i confinanti e ai
rapporti problematici con il governo brasiliano, e altre difficoltà di
convivenza interne allo stesso gruppo di coloni determinarono l'abbandono di
Cecilia nell'aprile del 1894. Solo in pochi fecero ritorno in Italia, la
maggior parte dei coloni restò nelle vicinanze dell'ex villaggio mantenendo
viva l'attività politica.