L’angoscia della strada, i gesti abusivi. Le ossa sfinite e morbide.
Le donne senza volto, rigide, dai capelli spezzati. Un rottamaio, dove tutto è
così, dove ad ogni domanda si prescrive un’iniezione diversa.
Dove ogni gesto personale è fuori luogo.
Non si possono aprire sempre casi diversi. Un terreno dove l’aria si
rifiuta di entrare. Silenzio.
Nello specchio tutta la rabbia, le urla, le voci, le parole di
questi vuoti a perdere. Morte e distruzione si moltiplicano come la cantilena
della buonanotte. Domani sarà uguale, ti ci abituerai.
Il sorriso le si rifletteva sul vetro della scatola che le stavano
portando via.
ADEGUARSI. Lei non vedeva persone a cui adeguarsi, ma soprammobili,
bambole di pezza, ceramiche e secondini puliti.
È così che si è trovata nel buio della stanza, un calore vaporoso,
intorno al letto confusione, scintillante, metallica, meccanica.
Dentro è densa, un freddo contenitore. Malata, immobile, pesante,
piombo. Polvere di vetro scivola nelle vene, incapace di parlare o cantare. Il
bianco guardiano entra, i polsi le dolgono, è bianco, distaccato e bisognoso.
Le dà la medicina della salute, senza sapere e capire che soffriva di un
qualcosa di diveso, incomprensibile alla sua maniacale voglia di
decodificazione.
Sono condannati ad incontrarsi.
Di suo, non sentiva più nulla, al tatto le sfuggivano i vestiti, le
capsule, le ossa, il sangue. La sua personalità che non voleva reprimere e
trattenere, era in serio pericolo. Tra quelle mura insonorizzate rischiava di
appiattire il suo ENCEFALOGRAMMA.
Qualcosa si frantuma, non si adegua, ha bisogno di un rasoio, non si
adegua, è sudata.
Quando si è alzata, ha tagliato i suoi piedi, c’era sangue
dappertutto, ma non ha provato niente, aveva bisogno di un rasoio per tagliare
l’atmosfera.
Desiderano che si adegui, ma la scatola di vetro è stata rotta.
Tutti kazzi vostri.
(Tratto da: Luna Nera
Contro la psichiatria Villa Azzurra Giugno 1992)