Nel nome del progresso, lo sviluppo su scala mondiale e l'impero stanno
schiavizzando l'umanità e distruggendo la natura, dappertutto. Il rullo compressore
noto come globalizzazione ha assorbito quasi ogni opposizione, schiacciando la resistenza
per mezzo di un sistema capitalistico e tecnologico implacabile e universalizzante.
Un senso di fatalità prossimo al nichilismo viene accettato come risposta inevitabile
alla modernità.
Ma le ragioni che stanno dietro al cambiamento globale si palesano agli
occhi di chi voglia esaminarne i presupposti fondamentali. Il degrado della vita,
che avanza a pieno ritmo in ogni ambito, deriva dalle dinamiche della civilizzazione
stessa. L'addomesticamento degli animali e delle piante, un processo vecchio di
appena diecimila anni, ha pervaso ogni centimetro quadrato del pianeta. Il risultato
è l'eliminazione dell'autonomia e della salute individuale e comunitaria, oltre
alla distruzione dilagante e accelerata, del mondo naturale. La globalizzazione
non è una novità. La divisione del lavoro, l'urbanizzazione, la conquista, l'esproprio
e le diaspore sono state parte integrante e fardello della condizione umana sin
dall'inizio della civilizzazione. Ma la globalizzazione spinge il processo di addomesticamento
a nuovi livelli. Adesso il capitale mondiale vuole sfruttare tutta la vita a disposizione;
questo è uno dei tratti caratteristici e originali della globalizzazione. Agli albori
del Ventesimo secolo, alcuni osservatori constatarono l'instabilità e la frammentazione
che necessariamente accompagnavano la modernizzazione. Queste diventano ancora più
evidenti nella fase attuale, molto probabilmente quella terminale. Il progetto di
integrazione attraverso il controllo planetario provoca ovunque disintegrazione:
maggior sradicamento, ripiegamento, inutilità... e nulla di tutto questo è comparso
nel volgere di una notte.