Libertà!
Libertà! si grida nelle piazze mobilitate contro l’obbligo vaccinale e contro
il green pass, piazze impropriamente e strumentalmente definite dai media “no
vax”, dandole un connotato omogeneo e ideologico che in realtà non hanno.
Intanto sotto lo
sguardo dei cosiddetti organi di informazione c’è quasi sempre quella di Roma,
dove in prima linea ci sono i fascisti di Casa Pound o di Forza Nuova,
anch’essi lì a innalzare bastoni e gridare minacciosamente “Liberta!”.
Raramente si dà spazio alle altre centinaia di piazze che si autoconvocano in
maniera più spontanea e, se si vuole, anche più confusa.
Facendoci un
salto, anche solo per curiosità, si noterebbe come quelle migliaia di persone
siano difficilmente etichettabili; come ognuno abbia una propria idea di
libertà che indossa su misura rispetto alle proprie convinzioni; come nella
massa ci possano essere sì, anche soggetti dalle idee ben chiare riguardo la
libertà di assoggettarsi a una dittatura di tipo fascista o
populista-sovranista, piuttosto che perire sotto una “dittatura sanitaria”; ma
anche come ve ne siano di orientamento diametralmente opposto, per non dire
contrapposto e persone che manifestano - magari per la prima volta nella loro
vita - una insofferenza al sistema del controllo e delle imposizioni infinite.
Fino ad ora non è
che sia emersa una terza via - o quanto meno una chiara terza via - tra chi
protesta e chi invece accetta l’escalation di regole restrittive che i governi
stanno calando sulle società con metodi che non sono né chiari né trasparenti,
e con l’ausilio dei ricatti e della paura.
Si potrà anche
non voler mischiarsi con chi scende in piazza, e si potrà anche accettare
liberamente i diversi provvedimenti “sanitari”, ma credo profondamente che non
si possa non schierarsi, senza se e senza ma, per la libertà di scelta, in
materia di vaccini ovviamente, e contro l’imposizione del green pass, uno
strumento di controllo di massa delle vite di tutti noi, un esperimento di
intromissione digitale nelle nostre vite e nel nostro quotidiano, che rischia
di rimanere anche dopo la fine della pandemia.
Da qualche
parte, e cosa ancora più grave, anche da parte di qualcuno fra gli anarchici,
si è voluta definire questa libertà che si grida nelle piazze una “libertà
liberale e borghese”; ne deduciamo che solo se la gente avesse strillato
“anarchia! anarchia!” i fautori di questa critica si sarebbero decisi a
raggiungerla. Ma se questo evento auspicabilissimo non avviene, ci saranno di
certo delle motivazioni, delle cause, delle responsabilità che riguardano anche
noi!
Chiamiamola comunque,
pure “libertà borghese”, ma la libertà di scelta che viene rivendicata è tutta
orientata contro chi sta approfittando di un’emergenza sanitaria per imporne
una politica e sociale; contro chi, con la scusa della tutela della salute
pubblica, sta producendo esperimenti a raffica di tipo securitario, basati sul
controllo individuale e collettivo con l’ausilio di tutti i più sofisticati
strumenti tecnologici oggi disponibili e con una narrazione militarista seguita
da un ampio impiego dell’esercito.
E fa strano che
dopo anni di studi, convegni, pubblicazioni, teorizzazioni sulla biopolitica,
dopo aver fatto le pulci a Michel Foucault e aver elaborato le più raffinate
teorie post-anarchiche, ora non si riesca a cogliere la pericolosità e la
profondità del contesto distopico in cui ci stiamo trovando lentamente immersi,
sintetizzabile nel ben noto binomio “sorvegliare e punire”.
Chi chiede di
poter mantenere la propria libertà di circolazione per poter continuare a
godere dei “privilegi” che adesso sono limitati e minacciati dal passaporto
verde, magari non ha coscienza che migliaia di persone migranti vengono già
private della libertà di circolazione da tanti anni, per il motivo opposto,
cioè a causa del rifiuto da parte delle istituzioni di concedergli i documenti
necessari. Ma c’è un parallelismo solo apparentemente contraddittorio in tutto
ciò, ed è nel fatto che lo Stato si arroga il diritto di determinare le
modalità in cui le persone debbano vivere, con o senza un documento, e per far
ciò legifera, emette decreti, mobilita forze dell’ordine, ricatta, discrimina,
taglia il salario, toglie il lavoro, costringe alla clandestinità, emana
coprifuochi.
Possiamo noi
essere mai estranei ed esterni a problematiche di questo tipo? Noi che non ci
siamo mai fidati dello Stato, dei suoi organi amministrativi, giudiziari,
repressivi, informativi? Noi che abbiamo additato sin da subito nel sistema che
questi governi propugnano e difendono, la causa dell’esplosione della pandemia,
del disastro climatico, della devastazione dell’ambiente? Possiamo per un solo
momento esprimere acriticamente fiducia in provvedimenti spacciati come a
tutela della salute, provenienti dai distruttori della sanità pubblica e
comunitaria, dagli artefici della malasanità, dai difensori dei privilegi dei
ricchi?
La questione
sembra complessa, in realtà è molto semplice: c’è una crisi sanitaria reale,
che colpisce nel mondo milioni e milioni di persone, delle cui origini e cause
abbiamo detto e scritto tutto o quasi; c’è una gestione di questa crisi da
parte degli Stati arbitraria, insincera, contraddittoria, ambigua, spesso
dichiaratamente irresponsabile: basti pensare alla necessità di tutelare sopra
ogni altro interesse generale, quello della produzione e dei profitti del
capitalismo; alla continua riconferma delle pratiche devastatrici
dell’ambiente; alla difesa a oltranza degli interessi delle multinazionali
(quelle dei vaccini in primis); al costante incremento delle spese militari
mentre per la salute, l’istruzione, la ricerca, i servizi essenziali si fanno
solo proclami e si danno briciole.
Non c’è proprio
molto su cui discutere per addivenire alla decisione su con chi e da che parte
stare.
E anche se ai
fini della tutela individuale della propria salute, come pure del voler
privilegiare la libertà e il benessere collettivi, si possa prediligere la
scelta del vaccino, come della mascherina, come dell’autoisolamento, in
conseguenza di un ragionamento che ognuno ha sviluppato in piena coscienza e
libertà, che poi questi comportamenti, queste scelte di libertà, non possano
essere imposte con il ricatto e la violenza morale ed economica a chi non le
condivide, credo debba essere considerato un fatto incontrovertibile.
Essere per la
libertà di scelta, e nel contempo rifiutare l’imposizione di strumenti
coercitivi e di controllo, vuol dire essere coerentemente libertari e fieri
oppositori degli Stati e delle loro mai sopite voglie di sottomettere gli
individui, di annullarne la facoltà critica attraverso lo strumento della
paura, del ricatto occupazionale, della repressione.
Coniugare questa
libertà militante, antifascista e libertaria, nei luoghi in cui si manifesta il
malessere sociale, ma anche in quegli altri - maggioritari - in cui emerge
un’accettazione supina dell’autorità, penso sia la terza via che possa dare un
senso alla nostra inquietudine odierna.
Pippo
Gurrieri