L’ennesima
passerella elettorale è in corso. Decine di candidat* con i visi sorridenti
appaiono su migliaia di giganti manifesti elettorali, tutti pagati con le
nostre tasse, attraverso i cosiddetti “rimborsi elettorali”. Dopo le elezioni,
come sempre, ogni promessa sarà dimenticata e la delega data con il voto verrà̀ usata dai partiti, di destra o di
sinistra senza distinzione, per far valere gli interessi dei più̀ forti: finanzieri, palazzinari, avidi
costruttori e imprenditori d’assalto.
Torino, Roma, Napoli, Milano, Bologna e Trieste, le maggiori metropoli dove si vota per il consiglio comunale, sono città dove diminuisce l’ossigeno e crescono inquinamento, cemento e consumo di suolo: piazze e parchi lasciano il posto all’asfalto e ai centri commerciali, e quei pochi alberi secolari che ci rimangono vengono abbattuti e sostituiti da “stuzzicadenti” che diverranno veri alberi in grado di produrre ossigeno solo tra 30 anni. Città in cui il diritto alla salute è diventato un lusso e la sanità è quasi del tutto in mano ai privati, con i risultati che sappiamo con la pandemia in corso.
Abitiamo in città̀ dove il prezzo per l’affitto di un posto letto in una stanza condivisa supera i 300 euro e dove un piccolo monolocale va oltre i 500, ed i prezzi per gli acquisti sono irraggiungibili per chi lavora. Città dove gli sfratti di intere famiglie non si sono mai fermati, nemmeno durante l’emergenza sanitaria, mentre ci sono centinaia di migliaia di appartamenti che restano vuoti per anni o decenni; continua imperterrito il processo di espulsione dei ceti popolari sempre più̀ verso le periferie e l’hinterland, mentre crescono i grattacieli e si regalano interi quartieri alla speculazione sostenuta dai fondi sovrani di chissà quali provenienze.
La giunta
uscente dell'Appendino (Torino), contrariamente alle promesse, si è posta in
continuità rispetto a queste politiche volte a favorire la cementificazione
della città, alle quali si aggiunge una sempre più pericolosa contrazione dei
servizi alla persona, dovuta alla costante diminuzione dei fondi destinati ai
servizi pubblici e sociali.
Intanto gli
spazi sociali autogestiti vengono demonizzati dai media e chiusi alla prima
occasione "colpevoli" di aver creato luoghi impermeabili alla logica
del profitto mentre nella città continuano e crescono l’esclusione sociale e la
repressione
Ma c’è anche una parte di città che non si
piega e resiste a tutto questo, lottando per il diritto alla casa, per la
protezione del verde, per la sicurezza sul lavoro e per i diritti di lavoratori
e lavoratrici, per la libertà delle persone migranti, convinti che un mondo
nuovo potrà nascere solo dalle lotte di tutti i giorni, dall’autogestione
sociale dove i beni comuni siano realmente autogestiti da chi vive sul
territorio senza il bisogno di delegare la gestione dei nostri quartieri e
delle nostre vite agli ambiziosi politici di turno. A quanti s’illudono ancora
e pensano sia possibile cambiare qualcosa di questo sistema attraverso il voto
– un sistema che si proclama rappresentativo della società mentre nei fatti
dimostra di essere rappresentativo solo degli interessi dei potenti e dei
ricchi – ricordiamo che accettare le regole e le compatibilità che ci impongono
sul piano elettorale ed istituzionale significa essere fagocitat* ed aver perso
in partenza su tutti i terreni, anche su quelli dove sarebbe stato possibile
vincere.