Da quando è
cominciata la pandemia da coronavirus non si fa altro che sentire parlare di
libertà. Fin dal “lontano” marzo 2020: sacrificare la libertà in nome del bene
più grande, far diminuire i contagi a costo di rinunciare alla libertà,
limitazioni alla libertà di movimento e spostamento… insomma, la parola libertà
ci è stata propinata in tutte le salse e in tutte le forme. In occasione della
campagna di vaccinazione e di quell’aberrazione etica che è l’introduzione del
“green pass“ il tema della libertà è diventato prassi del discorso politico,
rivendicazione di partito, retorica demagogica. Non è ozioso dunque tentare un
piccolo esercizio filosofico sul concetto di libertà.
Il concetto di libertà
ha radici antiche quanto il mondo, tuttavia per quanto riguarda la sua
accezione moderna possiamo identificare abbastanza agevolmente una data di
nascita: il 1789. Si tratta di una data simbolica certo ma ci permette di
indicare un prima e un dopo: a partire da quella data la libertà diventa un
concetto fondante della nascente era borghese del mondo, faceva irruzione nella
vita politica e ne determinava le scelte, usciva dai libri di filosofia per
diventare parte integrante e fondamentale della complessa compagine sociale del
mondo contemporaneo che vedeva la luce.
Marx, ne La Questione Ebraica, attacca punto per punto i capisaldi della Rivoluzione Francese. In merito alla libertà scrive: “La libertà è dunque il diritto di fare ed esercitare tutto ciò che non nuoce ad altri. Il confine entro il quale ciascuno può muoversi senza recare danno altrui, è stabilito per mezzo della legge, come il limite tra due campi è stabilito per mezzo di un cippo. Si tratta della libertà dell’uomo in quanto monade isolata e ripiegata su se stessa. (...) Ma il diritto dell’uomo alla libertà si basa non sul legame dell’uomo con l’uomo, ma piuttosto sull’isolamento dell’uomo dall’uomo. Esso è il diritto a tale isolamento, il diritto dell’individuo limitato, limitato a se stesso”. Innanzi tutto è interessante soffermarsi sull’inversione che opera Marx in relazione al concetto di libertà, egli ponendo l’accento sul concetto di limite mette in evidenza ciò che la libertà divide, piuttosto che ciò che essa unisce. E continua: ”La libertà individuale, come l’utilizzazione della medesima, costituisce il fondamento della società civile. Essa lascia che ogni uomo trovi nell’altro uomo non già la realizzazione, ma piuttosto il limite della sua libertà”.
In questo
contesto sembrerebbe, dunque, che la libertà sia in realtà un qualcosa da cui
guardarsi, un qualcosa che opererebbe come disgregante della società e come
impulso alle spinte egoistiche ed individualistiche dell’uomo. E se si pensa al
funzionamento intrinseco delle società capitalistiche non dovrebbe stupire
molto questa conclusione: il concetto borghese di libertà sembrerebbe una giustificazione
dell’egoismo, della prevaricazione, della competitività sociale e, in ultima
istanza, una giustificazione della diseguaglianza.
Torniamo
rapidamente a guardare la situazione attuale. Quali sono i partiti che, più
assiduamente, si appellano alla libertà, criticando l’adozione del green pass,
così come, in passato, le misure del contenimento dell’epidemia? Sono i partiti
di destra che, seppur a forte tendenza conservatrice, come tutta la destra
moderna sono intrisi di ideologia liberale.
La libertà del
liberalismo classico, oggi appannaggio delle destre, è ben altra cosa dalla libertà
reale e concreta dell’uomo. Come realizzare questa libertà è la più grande
sfida che ogni vera forza rivoluzionaria e trasformatrice si trova ad
affrontare.
Più di 150 anni fa,
due pensatori anarchici – Pierre-Joseph Proudhon e Michail Bakunin – allo Stato
padrone, che occupa ogni spazio di libertà, e all’individualismo borghese che
lo difende dall’invadenza altrui, sostituirono il pensiero della comunità
solidale. Non un sistema compiuto il loro, né un distillato di filosofie
radicali, ma semplicemente un’intuizione che, rompendo con l’idealismo di Kant,
di Hegel e dei loro seguaci, aveva osato porre in dubbio il precetto del
liberalismo classico per cui “la libertà di ogni essere umano avrà come limite
la libertà di tutti gli altri esseri umani”.
Scrive Bakunin: “Io posso dirmi e sentirmi libero solo in presenza degli altri uomini e in
rapporto a loro ... Io stesso sono umano e libero solo quando tutti gli esseri
umani, uomini e donne, sono ugualmente liberi. La libertà degli altri, lungi
dall’essere un limite o la negazione della mia libertà, ne è al contrario la
condizione necessaria e la conferma ... Così che più numerosi sono gli uomini
liberi – e più profonda e più ampia è la loro libertà -, più estesa, più
profonda e più ampia diviene la mia libertà”.
Trovandomi d’accordo con Bakunin (come potrei non esserlo) dico che "la libertà di ogni essere umano continua con la libertà di tutti gli altri esseri umani".
Ecco una definizione
più completa della libertà secondo il rivoluzionario russo: “La libertà
consiste nel pieno sviluppo e nel completo godimento di tutte le facoltà e le
potenzialità umane di ognuno attraverso la società, che è necessariamente
precedente al sorgere del suo pensiero, della sua parola e della sua volontà;
in quanto l’uomo realizza la sua umanità solo per mezzo degli sforzi collettivi
di tutti i membri, passati e presenti, della società, base e punto d’avvio
dell’esistenza umana”.
Quella di
Bakunin è una libertà che si costruisce dal basso in alto, dalla periferia al
centro, e cresce di forza e consapevolezza con le libertà di ognuno, graduandosi
in tante idee concrete e particolari di libertà, in relazione al contesto in
cui si sviluppa e alla comunità solidale che la accoglie.
È il mancato sacrificio
della libertà propria che alimenta la libertà degli altri. Per tornare al caso
concreto della pandemia in corso, ciò ci consente di distinguere tra la libertà
di vaccinarsi e l’adozione del “green pass”. Il vaccinarsi contro il Covid 19,
l’uso delle mascherine, il distanziamento ed ogni altra tipo di precauzione è,
per un anarchico, un atto di libertà solidale, cosciente, nei confronti di chi,
rischiando la vita con il contagio, rischia di perdere per sempre anche il
gusto per la libertà. Come scrivono i compagni del “Gruppo di ricerca
pandemico”: “Libertà si coniuga così con solidarietà, con salute, con sicurezza
nel senso di garanzia di vivere una buona vita”.
L’obbligo del “green pass”, comunque mascherato, pone problemi del tutto differenti. Il “green pass” è uno strumento di controllo (al pari della carta d’identità o del passaporto) e di pressione (= ricatto) ma è soprattutto una fonte di discriminazione tra chi può e chi non può o non vuole, per i più svariati motivi, vaccinarsi.
A costoro vanno garantiti libertà, diritti acquisiti e servizi essenziali. Non è il vaccinarsi ma è il “green pass” ciò che dovremmo oggi contestare.