Tutto quello che
successe prima del 1977 confluì nel Movimento: gli scioperi degli operai,
l’occupazione delle case abbandonate, il risanamento dei quartieri periferici
delle città, il terrorismo, il movimento femminista, la contestazione ai
cambiamenti delle leggi sull’istruzione, la contestazione politica, la lotta al
capitalismo. Gli Indiani Metropolitani si inserirono in questo amalgama di
anime del Movimento, apportando uno spirito ironico, gioioso e non violento
alla sensazione di rivoluzione che si respirò dal mese di febbraio al mese di
settembre del 1977.
Nel marzo del 1973 a Torino, presso la Fiat Mirafiori, dei
giovani operai occuparono i reparti della fabbrica in un’iniziativa autonoma
dal sindacato. Questi giovani si legarono sulla fronte una fettuccia e
inscenarono un happening, suonando clacson e battendo tamburi al grido
onomatopeico «Èaèaèaèao». Probabilmente questo fu il primo sintomo di quel
revival della cultura indiana che prese largo durante il Movimento.
Gli Indiani
Metropolitani iniziarono a partecipare attivamente alla vita degli studenti in
occupazione, attraverso l’organizzazione di feste e performance e la
realizzazione di murales e di scritte ironiche ma che racchiudevano il loro
modo di pensare, fondato ad esempio sulla frase «La fantasia distruggerà il
potere e una risata vi seppellirà», insieme ad altri due slogan: “Godere
operaio” (in opposizione a Potere operaio) e “Godimento studentesco” (in
opposizione a Movimento studentesco). Quasi sempre vicino alle scritte murali
era visibile la A cerchiata.
Gli Indiani
combinarono svariate forme di creatività, definita di massa e per la massa e
che si propose direttamente come modalità di vita: l’arte è vita, la vita è
arte. Il risultato dell’addizione di avanguardie storiche, controcultura
americana, situazionisti francesi, teorie marxiste-leniniste, letteratura e poesia
si trasformò in una scossa che attraversò tutto il 1977, che sconvolse le vite
sia di chi la produsse sia di chi invece solo assistette dall’esterno
all’invettiva degli “artisti” del Movimento. Ci fu un atteggiamento di completa
indifferenza nei confronti delle regole di contestazione e comunicazione e nei
confronti di chi queste regole le aveva enunciate; scardinare tutte le pratiche
che fino a quel momento avevano gestito la vita sociale, culturale ed educativa
della gioventù per trasformarle in un qualcosa di incomprensibile (nonsense) e
irriverente.
L’ala
creativa del Movimento del ’77 basò i suoi principi sul cambiamento di vita
riguardo tutti gli aspetti sociali, combattendo l’obiettivo della liberazione
individuale e collettiva. Le pratiche artistiche rappresentarono uno dei punti
salienti e distintivi del Movimento andandosi a configurare come massimo
tentativo di eliminare il livello di separazione tra il piano della creatività
e il piano dell’esistenza.
L’ideologia del
rifiuto del lavoro stabilì la perdita di senso dell’agire umano nel lavoro
salariato, un lavoro inteso prima solo come occupazione del proprio tempo, a
cui venne sostituito il concetto di rifiuto del lavoro inteso come
un’occupazione dello spazio (la metropoli) in cui si poteva essere liberi di
divulgare i desideri individuali. Alla liberazione degli spazi metropolitani,
si affiancò la consuetudine della riappropriazione delle merci secondo la
logica di ottenere delle comodità, a cui le giovani generazioni non volevano
rinunciare, un altro modo per opporsi al governo dell’austerità e per
rivendicare un’eguaglianza sociale.
Il fallimento
della parità tra le classi sociali creò un nuovo individuo desiderante,
sovversivo e antagonista che si sentì incompreso e discriminato dalla società
claustrofobica rappresentata dalla famiglia, dall’economia e dalla politica.