Dominare
significa avere sotto di sé, possedere, sottoporre al proprio controllo; in un
concetto solo vuol dire regolare secondo un proprio ordine. Attraversata da una
prospettiva irriducibilmente legata alla volontà di sottomettere, la realtà del
mondo civilizzato è interamente pervasa da relazioni di dominanza-soggezione.
Tutto, nel mondo moderno, e spiegato con l’esercizio del potere di qualcuno su
qualcun altro o su qualcosa: dei genitori sui figli, dei maestri sugli allievi,
dei principali sui dipendenti, dei governanti sui governati, del genere umano
sulla natura. Invece di cercare di entrare in contatto con quanto ci circonda
siamo abituati a guardare ogni cosa dall’alto verso il basso o dal basso verso
l’alto: lo scopo non è mai quello di portare dentro ma quello
di stare sopra, di gestire, di determinare. Controllare, nel suo
significato corrente cioè mantenere nel proprio potere, è ciò che
definisce le nostre relazioni con il mondo, sin dalle modalità con le quali lo
percepiamo (sapere inteso come padronanza). Nella civiltà non può esistere il
disordine, la dinamicità, la sorpresa, lo sbalordimento, l’ineluttabilità delle
circostanze della vita, ma solo ciò che appare dominabile anche solo
mentalmente: la prevedibilità dei fatti, l’assetto e la preparazione delle
cose, la loro matematica comprensione attraverso i modelli fissi di una
razionalità logico-scientifica che non ammette divagazioni sul tema. Quello che
esiste deve essere costantemente organizzato, strutturato, trasformato, plasmato
secondo la nostra volontà; quello che non ci pare a posto deve finire con
l’esserlo a tutti i costi. Per l’individuo civilizzato vivere non è mai una
apertura creativa verso ciò che esiste ma un’operosa attività di sottomissione
del mondo a sé: è l’iniziazione insomma a un sistema di regole rigide da
rispettare e da imporre a sua volta.