Nella
notte tra l'8 e il 9 giugno una ragazza di 19 anni, maya, sta
tornando a casa dopo una serata ai murazzi di Torino. Assiste a un
controllo su due ragazzi e quindi si avvicina per capire costa sta
succedendo. Cominciano immediatamente le intimidazioni degli agenti
(avevano forse qualcosa da nascondere?) che la identificano e la
minacciano di farle passare la notte in carcere. Nella centralissima
piazza Vittorio, Maya viene sequestrata dagli agenti e portata in
caserma. In macchina tira fuori il telefono per avvertire la famiglia
e gli amici di dove fosse ma la polizia inchioda e le storce un
braccio e leva il telefono. In commissariato viene riconosciuta come
una militante politica. Maya è infatti impegnata nella lotta per la
casa, in particolare nei picchetti di solidarietà per aiutare le
persone sotto sfratto organizzati dal collettivo Prendo casa. Nelle
stanze del commissariato di via veglia ricominciano quindi gli abusi
degli agenti che iniziano a insultarla, la zittiscono e le urlano
addosso. Lo stesso agente che le ha storto il braccio in macchina le
tira un pugno in faccia e le leva la sedia obbligandola a stare in
piedi. Maya viene poi spogliata, perquisita e messa in cella con gli
agenti si rifiutano persino di farla andare in bagno. Le minacce e
gli insulti continuano per tutta la notte fino a quando Maya viene
rilasciata con a carico una denuncia per violenza, resistenza a
pubblico ufficiale, oltraggio e per porto d'armi. Quest'ultimo capo
di accusa le è stato affibbiato, come le dicono gli stessi agenti,
perché in possesso di sette chiodini da muro nel marsupio. Con il
volto tumefatto si reca al pronto soccorso dove i medici le
certificano 6 giorni di prognosi.
Conosciamo
gli ordinari abusi di chi con un'uniforme si crede tutto permesso. Ma
qui siamo davanti a un fatto gravissimo, una ragazza appena
maggiorenne che viene sequestrata e seviziata per la sua attività
politica dalla polizia. Gli eroi in divisa, come ormai succede
sistematicamente, le fanno subire anche una denuncia plurima per
resistenza e altri delitti nel solo obiettivo di premunirsi contro
eventuali provvedimenti verso di loro. Lo diciamo senza giri di
parole, la questura di Torino è ormai fuori controllo. Anni di santa
crociata contro il movimento NOTAV e gli attivisti politici in città
unita all'impunità di fatto concessa da parte della procura locale
per "risolvere il problema" hanno creato tra le forze
dell'ordine la consapevolezza che ormai tutto è permesso.