3 novembre 1917:
Alessandro Ruffini il soldato fucilato per un sigaro.
A dare l'ordine di
fucilazione del giovane soldato Alessandro Ruffini fu il generale Graziani che rivendicò
in seguito il gesto come esemplare per ottenere l'obbedienza dell'esercito allo
sbando dopo Caporetto.
Manca un anno all’armistizio di Villa Giusti, la cui entrata in vigore, il 4 novembre
1918, segnerà la vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale; in quel 3 novembre
1917 la vittoria appare però molto lontana e le truppe italiane, esauste, sono in
ritirata dopo la pesante sconfitta di Caporetto. Il ventiquattrenne Alessandro Ruffini
è in marcia con la 10a Batteria del 34° Reggimento Artiglieria, proveniente dall’Isontino
e diretto a Padova. Il battaglione sfila nella piazza di un piccolo paese del padovano,
Noventa, salutando militarmente il Tenente generale Andrea Graziani che al passaggio
dei soldati sente qualcuno esclamare: «Levati il sigaro!».
Gli occhi del generale
si posano su un giovane che stringe trai denti un mozzicone di sigaro. Graziani
gli si pone di fronte e lo colpisce con un bastone inveendo. Alla scena assiste
una piccola folla di abitanti del paese e uno di loro interviene, dicendo che non
gli sembra il modo di trattare un soldato italiano, ma il generale risponde che
lui dei suoi soldati ne fa quello che vuole e ordina l’immediata fucilazione di
Alessandro Ruffini. A rendere di pubblico dominio l’accaduto saranno le testimonianze
degli atterriti abitanti di Noventa, presenti alla brutale esecuzione, insieme alle
parole riportate dal parroco sul registro parrocchiale: «Ruffini Alessandro, figlio
di Giacomo e di Bertoli Nazzarena, nato il 29 Gennaio 1893 nella Parrocchia di Castelfidardo,
di condizione militare della 10a Batteria 34° Reg.to Artiglieria da campagna, morì
il 3 Novembre 1917 alle ore 4 pom. per ordine del Generale Graziani fucilato alla
schiena. Ricevette l’Assoluzione e l’O.S.. La sua salma dopo le esequie fu tumulata
nel Cimitero Comunale».
Nel 1919, Graziani
rivendicherà la sua decisione asserendo che quel sigaro «piantato attraverso la
bocca» e la «faccia di scherno» dell’artigliere lo avevano convinto che occorresse
«dar subito un esempio terribile, atto a persuadere tutti i duecentomila sbandati
che da quel momento vi era una forza superiore alla loro anarchia, che li avrebbe
piegati all’obbedienza».
A Noventa Padovana,
sul muro della casa dove Ruffini fu fucilato di spalle, è stata posta una targa
in suo ricordo.