Nel suo opuscolo
Smith dedica una prima parte alla ricostruzione della storia del sabotaggio sia
come pratica, nata contemporaneamente allo sfruttamento umano, sia come termine,
scelto per indicare un metodo di lotta sociale solo a partire da Congresso confederale
di Toulouse del 1897 (prima in Inghilterra e Scozia tale pratica era indicata con
il nome “Ca’ Canny”, cioè “andare piano”). Indica anche tre possibili versioni sulla
sua origine lessicale, tutte riconducibili alla parola sabot: nella prima ipotesi
il riferimento è riconducibile all’episodio in cui un operaio francese utilizzò
il suo zoccolo per danneggiare un macchinario, oppure potrebbe derivare dal fatto
che i sabot si presentano come calzature pesanti e ciò causerebbe rallentamenti
nel lavoro, infine l’ultima possibilità è che la parola sabotaggio derivi da un
termine dello slang che indica lo sciopero fatto senza lasciare il proprio posto
di lavoro. Alla base dell’idea di sabotaggio sta innanzi tutto una critica al mercato
del lavoro, alla disparità di potere tra padroni e operai che, restando tagliati
fuori dalla legge della domanda-offerta, si trovano stretti in un sistema senza
stabilità salariale: “Sabotaggio significa, quindi, che i lavoratori combattono
direttamente le condizioni imposte dai padroni secondo la formula ‘salari bassi-cattivo
lavoro' ” (Walker C. Smith). Danneggiare la merce, scioperare o rallentare il lavoro
e le consegne delle merci prodotte attraverso lo sfruttamento sono tutti metodi
di sabotaggio. Non sempre però tale mezzo è messo in pratica a beneficio dei lavoratori,
anzi spesso sono gli stessi imprenditori che ne impongono l’uso per aumentare il
valore della merce. Smith porta come esempio, tra gli altri, i carichi di patate
distrutti in Illinois, o le mele lasciate marcire sugli alberi dei frutteti di Washington,
o ancora le mistificazioni dei documenti ai danni dei concorrenti della Standard
Oil Company. Tali azioni altro non sono che “sabotaggio capitalista”, come già le
aveva chiamate tre anni prima William Trautmann. Se divenisse una pratica diffusa
tra gli operai, secondo Smith il sabotaggio potrebbe fermare le guerre e bloccare
gli arresti di chi sciopera; per riuscirci però dovrebbe diffondersi la coscienza
del potere che porterebbe, per conseguenza, alla solidarietà tra lavoratori. Come
pratica di massa, se utilizzata da ogni operaio di ogni comparto produttivo, permetterebbe
addirittura di giungere alla fine delle classi, dello Stato e della produzione come
mezzo di profitto anziché di prodotti di utilità. Attingendo alla tradizione anarcosindacalista
europea, Walker C. Smith adatta l’idea di sabotaggio alla situazione statunitense
del primo Novecento, rendendolo applicabile da una classe lavoratrice in balìa delle
leggi della speculazione, sfruttata, vilipesa e molto spesso massacrata dalle milizie
padronali.
..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione