L'aria che si respira in Italia in
quegli anni non è delle più salubri. Ovunque aggressioni, morti e stragi
firmate a quattro mani da fascisti e polizia. La bomba in piazza Fontana a Milano
nel '69. Il tentato Golpe Borghese del '70. Il ferimento (divenuto presto
assassinio) di ...Roberto Franceschi a Milano. Solo a Torino decine sono le
intimidazioni alle sedi DELL'ANPI e del PCI, a cui si aggiungono i
pestaggi davanti alle scuole e all'università.
É in questo clima che il 27 gennaio
1973, il movimento studentesco indice un corteo contro le provocazioni fasciste
nel capoluogo piemontese. Aderisce anche L'ANPI. Il corteo di 8'000 persone
subisce un attacco da giovani militanti del MSI nei pressi di piazza della
Repubblica, che porta al ferimento di alcuni studenti e di un operaio. Basta.
Dopo il comizio di chiusura, una parte del corteo si sposta in corso Francia
19, davanti alla sede del Movimento Sociale. Ad aspettare i compagni, oltre ai
militanti missini, ci sono i celerini pronti ad aprire il fuoco. Il bilancio è
di due giovani militanti di Lotta Continua, Luigi Manconi ed Eleonora Aromando,
feriti da arma da fuoco, 19 mandati di cattura e 34 perquisizioni. I 19 mandati
diventano presto 25.
A sostenere l'accusa intervengono
l'arresto di Guido Viale (avvenuta il 28 gennaio dopo la conferenza stampa sui
fatti del giorno prima) e la confessione sotto intimidazione di un militante di
17 anni. L'ipotesi sostenuta dalla magistratura è che gli scontri del 27 siano
stati orchestrati a tavolino proprio da Viale, venuto a Torino da Roma per
insegnare la guerriglia urbana ai militanti piemontesi. Il teorema giudiziario
fa acqua da tutte le parti, e in tutto il paese sorgono varie manifestazioni di
solidarietà contro gli arresti.
Tra i compagni incarcerati c'è anche
Tonino Miccichè, combattivo operaio di Mirafiori, poi ucciso nel '75 da un
fascista della Cisnal durante le occupazioni di case alla Falchera (quartiere
operaio di Torino). I compagni di lotta e di fabbrica di Tonino scioperano e
scendono in piazza qualche giorno dopo, pretendendo la liberazione degli
arrestati.
Nascono iniziative di solidarietà anche
da intellettuali, politici e sindacalisti, che chiedono la scarcerazione dei
compagni in un documento, il cui primo firmatario è il sen. Franco Antonicelli.
Tra gli altri Colletti, Foa, Lombardi, Parri, Quazza, Revelli, Terracini,
Trentin, Bobbio, Zangari, Lama, Pasolini, Calvino, Ingrao, Pontecorvo,
Comencini, Volontè, Pintor, Parlato, Rossanda.
Un comunicato del Partito Radicale in
merito agli arresti del 27/28 denuncia la "palese violazione dei diritti
civili" sintomo della volontà di autoconservazione di un "sistema
penale basato su uno stato di polizia".
A difendere i compagni interviene l'associazione
Soccorso Rosso, fondata da avvocati e giuristi di sinistra durante il processo
a Valpreda per i fatti di Milano del 12 dicembre '69.
Il sentore, in ogni parte d'Italia, è
che il potere costituito stia cercando di creare un precedente, che si sia
stancato di vedere concretizzarsi per le strade del paese un conflitto sociale
mai sopito. Il quotidiano Lotta Continua titola: "La linea dei magistrati
sembra quella di prendersela comoda, quella di dare una lezione."
Ma come è noto "chi semina vento raccoglie
tempesta", e polizia, magistrati e vari organi di repressione non
avrebbero tardato ad accorgersene.