23 Febbraio 1965: Sciopero generale
delle fabbriche, gli operai bloccano la macchina produttiva italiana. Potrebbe
sembrare uno sciopero come tanti che si sono susseguiti nel periodo degli anni
'60 antecedenti al biennio 68-69 e del ciclo di lotte operaie che li ha
caratterizzati, se non fosse che in questa giornata gli operai riuscirono a
bloccare la maggior parte delle fabbriche, osteggiati e boicottati dal PCI e
dai sindacati tutti.
Per meglio capirne le dinamiche si può
prendere ad esempio il caso torinese, la città-fabbrica che in quegli anni
trovava il 60% dei suoi lavoratori all'interno dell'industria. Tutta la vita
della città e degli operai gravitava intorno alla fabbrica.
Il 1965 iniziò sotto il segno della
mobilitazione e della lotta aperta da parte degli operai per spingere i
sindacati a dichiarare sciopero generale per protestare contro le loro
condizioni di lavoro e per ottenere maggiori diritti, ma anche per mettere in
discussione l'intero sistema capitalista.
Per il 23, sotto la spinta delle
assemblee operaie, della base del sindacato e degli operai tesserati al PCI,
venne indetto lo sciopero generale, ma in realtà PCI e sindacati lo boicottano
togliendosi di fatto dalla macchina organizzativa che avrebbe dovuto coadiuvare
la mobilitazione generale.
La mattina dello sciopero, gli operai
FIAT, Lancia e dell'indotto (ma anche di moltissimi stabilimenti della così
detta «industria leggera») si trovano davanti alle fabbriche e si scontrano con
il fatto che la CGIL e il PCI non avevano organizzato i picchetti, insieme ai
lavoratori. Questo però non determinò un fallimento dello sciopero, che fu
parimenti partecipato se non in pochi e particolari casi.
Molti volantini seguitisi allo sciopero
del 23 accuseranno apertamente i sindacati di «tradimento» e di «tentativi
liquidatori» nei confronti della mobilitazione. Ciò lo si evince anche dal
numero di maggio dello stesso anno di Classe Operaia che scrive:
«...di “presa in giro” parlano gli
edili: a Torino i sindacati non hanno anticipato il loro sciopero nazionale per
paura che gli edili andassero a fare i picchetti davanti alla FIAT ai turni
decisivi del mattino... Ma di presa in giro ed anche di tradimento sindacale
parlano per un'ennesima volta anche gli operai della FIAT.» si legge anche che:
« la cosa più importante del 23 febbraio è che gli operai della FIAT hanno
dimostrato di volere la lotta aperta... L'esempio più chiaro è venuto dalla
FIAT SPA, questi operai sono andati insieme a quelli della Lancia e della
Nebiolo a fare picchetto alla Westinghaus ...».
Gli episodi di quella giornata portarono
i lavoratori a chiedere ai sindacati un « vero» sciopero generale, ed
amplificarono la crisi del PCI all'interno delle fabbriche. Quello del 23
febbraio è un esempio di come i partiti riformisti e i sindacati cercassero di
scongiurare la mobilitazione di massa quando diventava per loro ingestibile
all'interno dei binari della concertazione con i capitalisti ed entro i canoni
istituzionali dello Stato.