Li sentite? I nostri padroni ci stanno chiamando. Ci stanno dicendo
che il prossimo 4 marzo, per l’ennesima volta, si voterà. Dovremo andare alle
urne a mettere una croce sulle nostre aspirazioni, delegandole ad uno dei tanti
candidati che ci verranno propinati. Uno qualsiasi, democraticamente, a nostra
scelta, tanto non c’è differenza. Chiunque verrà eletto non cambierà nulla
della nostra miserabile esistenza su questa terra sempre più inquinata,
avvelenata, corrosa. Continueremo a tirare a campare, impoveriti dei nostri
sogni e desideri, stremati da una giornata di lavoro, spenti davanti a un
televisore acceso. Nel corso degli anni i governi si sono succeduti l’uno dopo
l’altro, l’uno dopo l’altro hanno fatto promesse più o meno mirabolanti, l’uno
dopo l’altro non le hanno mantenute. Mentre chi abbiamo mandato a scaldare gli
scranni del Parlamento gode di immensi privilegi ed ha accumulato sostanziose
fortune per sé e la sua famiglia, a noi è rimasto solo di morire in una
qualsiasi Thyssenkrupp o di soffocare sommersi dalla spazzatura.
Sappiamo bene cosa ci aspetta nelle prossime settimane.
Un’estenuante campagna elettorale condotta da vecchi e giovani saltimbanchi
della politica, pronti a tutte le lusinghe e raggiri pur di estorcerci il voto.
Guardateli come si stanno travestendo, assumendo nuovi nomi per rendersi più
presentabili.
Ascoltateli come si riempiono la bocca di Popolo e Democrazia,
queste allucinazioni collettive che vengono evocate di continuo solo per
attirare i gonzi. Eppure, ormai lo hanno capito anche i bambini: fra destra e
sinistra, fra un Berlusconi e un Renzi, tra un Salvini e un Grillo, non ci sono
sostanziali differenze. Sono come la Coca e la Pepsi, che si contendono il
mercato offrendo il medesimo prodotto, limitandosi a confezionarlo in maniera
diversa. I rispettivi piazzisti possono anche litigare, insultarsi, ricorrere a
colpi bassi, ma la comune identità di obiettivi resta inalterata.
Sentiamoli sulle questioni più controverse del momento: tutti sono
favorevoli alle missioni militari all’estero, all’alta velocità in Val Susa, ai
centri di permanenza temporanea, alle “leggi scellerate” sulla sicurezza… né si
può dire che si differenzino granché per le loro ricette in materia economica.
Le prospettive sono talmente intercambiabili da spingerli a scagliarsi
reciproche accuse di plagio.
Di questo sistema sociale che, di emergenza in emergenza, di
catastrofe in catastrofe, ci ha condotti sull’orlo del baratro, nessuno mette
in discussione il SE, ma solo il COME. Quale che sia il governo in carica, i
programmi restano immutati; devono solo decidere se realizzarli con il bastone
o con la carota.
L'uomo è stanco di sentirsi dire da un altro uomo gli obbiettivi da
raggiungere; è stanco di compiere mansioni ripetitive ad orari programmati da
altri, dagli stessi che decidono quale sarà la nostra ricompensa senza
possibilità di contrattarla; stanco di leggere nei giornali che l'azienda per
cui lavori fattura milioni di euro; stanco di dover obbedire a leggi che, in
pratica, tutelano gruppi di persone "potenti" che decidono quale
debba essere il prezzo di casa tua, per quanti anni sarai costretto a pagar
loro gli interessi, mi riferisco ai proprietari del nostro tempo, le banche;
stanco di pagare tasse che alla fine serviranno a coprire i buchi di bilancio
creati dalle stesse banche e da altri arroganti che si ingozzano nei ristoranti
di lusso alla faccia nostra; stanco di assistere al venir meno di servizi
sociali quali scuole, asili, ospedali, ricerca scientifica, parchi verdi,
biblioteche, trasporti pubblici; stanco di dover ascoltare dappertutto gruppi
politici che si offendo dandosi la colpa a vicenda, come per prenderci per i
fondelli e dare agli stolti quella remota speranza che poi con "quegli altri"
le cose cambiano. Troppo stanco!
Io voglio solo
dire che votare o non votare, non è questo il problema; io non ho mai votato
per principio perché non credo in quella gente, ma credo in me stesso e
nell’essere umano; quello che conta è come esercitare un controllo sui leaders,
poter dire a chi ci governa che sta sbagliando, come tirargli la giacca o le
orecchie, come farlo dimettere, se non fa le cose che la gente vuole; se manca
questa condizione, il pinco pallino di turno, andrà a far parte della casta,
perché non è l’uomo, neanche il migliore di tutti noi, che può cambiare il
potere, ma è il potere che cambia l’uomo. Quindi il problema è organizzarsi in
maniera da imporre le nostre esigenze, poter controllare quello che fanno nel
palazzo, e se poi il palazzo sarà vuoto, perché li avremmo cacciati via, meglio
così: ci metteremo le pecore o le galline o i senza tetto. Ma il popolo deve
darsi strumenti per continuare ad essere vivo, per esercitare il suo potere
decisionale; se manca questo i rappresentanti faranno quello che vorranno; non
bisogna tornare a casa ogni giorno delusi ed esasperati, bisogna rimanere
protagonisti, nei comitati, nei quartieri, nelle città. e non per un momento,
ma per sempre; è questa l’unica garanzia per ottenere un cambiamento.
Tomasi di Lampedusa, nel Gattopardo, faceva dire a Tancredi la sua
celebre frase che descrive la situazione storica della Sicilia del 1860, ma che
si adatta bene alla situazione attuale, e a dir meglio a tutte le situazioni: “Se vogliamo che tutto rimanga come è,
bisogna che tutto cambi”.
Perché questa volta dovrebbe essere diverso?
«Quando il padrone o la
padrona chiamano un servo per nome, nessuno di voi risponda, altrimenti non ci
saranno più limiti alla vostra oppressione. E i padroni stessi ammettono che,
se un servitore viene quando è chiamato, basta».
(Jonathan Swift: Istruzioni
alla servitù)