Basta farsi un giro sulle prime pagine dei quotidiani di oggi. Alla
fine hanno gettato la maschera: dopo tanto blaterare di antifascismo le
redazioni dei giornali e la sinistra istituzionale tornano alle loro posizioni.
In Italia il pericolo non è il fascismo sono la violenza e l’odio.
Senza altro aggettivo, unico calderone indistinto che va da chi
spara da una macchina in corsa a chi difende un corteo dalle provocazioni della
polizia. Fenomeno completamente irrazionale che, secondo Ezio Mauro, “trabocca
dalla società” e rischia di inquinare il sereno dibattito elettorale, unico
elemento di interesse per questa gente.
Non può mancare il trito riferimento agli anni ’70, raccontati
caricaturalmente, come un periodo in cui il virus della violenza avrebbe
infettato le masse per “perdita delle difese immunitarie della società”, come
può succedere di prendere un raffreddore.
In questi venticinque anni, in cui la sinistra istituzionale ha
militato con pervicacia per il pieno coinvolgimento dei fascisti dentro il
dibattito politico, abbiamo sentito decine di illustri esponenti spiegarci che
l’antifascismo veramente efficace consiste nel coccolare i fascisti: dagli
elogi ai ragazzi di Salò alle sale concesse per le loro iniziative, dalle
assegnazioni di sedi all’elargizione di fondi.
Sappiamo che il neofascismo è soprattutto una bolla mediatica e gli
ultimi mesi ne sono la cartina di tornasole: si è parlato a reti unificate
dello straordinario lavoro sociale che farebbe questa gente nelle periferie
italiane, si sono trasformati i portavoce di questi quattro scemi in ospiti
fissi dei talkshow, fino a trasferire direttamente i talkshow a casa dei
fascisti con il pellegrinaggio di anchorman nelle loro sedi.
Il cortocircuito che manda fuori di testa questa gente è che
coccolare i fascisti viene giustificato con la vittimizzazione dei poveretti
che i fascisti aggrediscono. Le innumerevoli aggressioni testimoniano che il
neofascismo è forte e radicato, dicono. Se il neofascismo è forte e radicato
bisogna dialogarci in tv o nelle istituzioni, per convincere serenamente i
nazisti ad occuparsi di giardinaggio o di battaglie contro la caccia e la
pesca.
Quando qualcuno picchia un fascista il castello di carte crolla. Diventa
palese che impedire a questa gente di fare il bello e il cattivo tempo è
possibile, che non occorre passare per le urne o per chi sa quali
interpretazioni sociologiche, basta fargli pagare il prezzo delle loro
arroganza.
Caduto il castello di carte la retorica antisistema di questi
personaggi lascia il posto ai cordoni di sbirri a difesa delle loro iniziative,
agli attestati di solidarietà di tutto l'establishment, alle centinaia di
pagine di verbali compilati in questura.
Più che la “saldatura con il ceto medio impoverito”, di cui parla
Revelli sulle pagine del Fatto Quotidiano, diventa palese la confidenza
con gli apparati repressivi dello stato.
Ci scusino politici ed editorialisti se per impedire a questa gente
di armare il prossimo Traini abbiamo disturbato l’appassionante dibattito sulle
larghe intese.
Agli antifascisti che stanno pagando con la propria libertà le ambiguità di questa democrazia promettiamo di continuare la loro resistenza per rincontrarci presto.
Agli antifascisti che stanno pagando con la propria libertà le ambiguità di questa democrazia promettiamo di continuare la loro resistenza per rincontrarci presto.