In 800 sotto la pioggia e il freddo. Un tempo partigiano. E una
Torino che è riuscita a dimostrare un'altra volta che l'antifascismo non si
delega, ma si pratica con coraggio e determinazione.
Il corteo è partito da piazza Carlo Felice e si è diretto verso
l'hotel dove il candidato premier per Casa Pound, Di Stefano, avrebbe tenuto il
suo deplorevole comizietto pre elettorale. Un’idea chiara in testa: il razzismo
è l’ultima spiaggia di un sistema marcio e i fascisti sono gli utili idioti che
garantiscono che ci scanni in basso per la gioia di chi sta in alto.
Una piazza ricca di giovanissimi tra studenti dei licei e delle
università, poi lavoratori, qualche faccia più anziana e qualcuna di quel nero
che tanto manda fuori di testa i difensori della razza.
Tanta gente che si è convocata dal basso, mentre la sinistra
italiana gioca al gioco dell’equidistanza e degli “opposti estremisimi”. A
quanto pare, però, c’è ancora in Italia chi pensa che antifascismo non sia
discutere coi fascisti nei salotti TV, ma contrastarli ogni giorno nei luoghi
di lavoro, nelle scuole e nelle strade.
Mentre da Renzi a Boldrini ci si affretta a portare solidarietà al
leader di Forza nuova scotchato a Palermo, dal corteo è partito un caloroso
saluto a chi in questi giorni sta pagando con la propria libertà aver fatto
dell’antifascismo non solo un valore ma anche una pratica: Giorgio, Moustafa,
Lorenzo, Gianmarco, Carlo e Donato, giovane torinese arrestato stamattina
durante una perquisizione intimidatoria.
Il corteo ha imboccato corso Vittorio Emanuele e dopo circa un
chilometro tra cori e interventi si è trovato schierato un numero improbabile
di Digos, celere, camionette e addirittura un idrante.
I manifestanti però non hanno esitato e hanno proseguito contro le
forze dell'ordine che hanno caricato e azionato l’idrante, respingendo di
qualche metro il corteo e fermando una giovane lavoratrice, poi rilasciata in
serata.
Come dire: il grande classico della democrazia che difende pubblicamente
i fascisti.
Di certo non è bastato questo a fermare il corteo che anzi più
determinato di prima è ripartito. Ed è qui che succede l’incredibile. Il
mastondico apparato di sicurezza mosso dalla questura a difesa dei
vigliacchetti del terzo millennio prende una clamorosa cantonata. Si aspettano
gli antifascisti di lì e invece arrivano di qui. Fin sotto l’hotel dove parla
Di Stefano. I manifestanti lo chiamano, urlano di scendere ma del candidato di
Casa pound manco l’ombra. Si starà abbuffando al minibar dell’albergo a 4
stelle? Com’è come non è, la polizia fa arrivare l’idrante che attacca di nuovo
i manifestanti. Ma a quanto pare nessuno si fa intimorire (“solo la doccia, ci
fate solo la doccia” tra gli slogan in risposta all’autobotte celerina).
Qualche cassonetto in mezzo alla strada per proteggersi dalle
cariche e partono i primi lacrimogeni. Il corteo quindi riparte e continua
l’assedio intorno all’NH hotel per quasi un’ora.
Solo verso la fine, ormai quasi in piazza Statuto la polizia ha
tentato di inserirsi nel corteo, caricandolo da dietro, cercando di fare fermi
a caso nel mucchio.
Il dato politico resta quello di una sempre maggiore consapevolezza
che la risposta antifascista o sarà contro questa democrazia – quella che
lascia ai fascisti soldi, pistole, media e poltrone – o non sarà. Partiti,
Istituzioni e Forze dell'Ordine tutti arroccati a difendere manu militari i
cantori della guerra tra poveri. C’è la Grande coalizione da preparare? Per noi
non c’è pace elettorale. Con buona pace di Minniti.