"Qui
caddero fucilati dai fascisti i martiri della Resistenza Piemontese. La loro
morte salvò la vita e l'onore d'Italia. 1943-1945".
Queste le parole
riportate sulla lapide posta al centro del Sacrario del Martinetto, piccolo
poligono di tiro nella IV Circoscrizione del Comune di Torino, scelto dai
repubblichini dopo l'8 settembre 1943 come luogo d'esecuzione delle sentenze
capitali.
Qui, nel giro di
venti mesi, vennero fucilati sessantuno partigiani e resistenti piemontesi.
Lunedì, 31 marzo
1944, la Resistenza piemontese subisce un durissimo colpo: nella mattinata,
sulla sagrestia del Duomo, vengono catturati quasi tutti i componenti del
Comitato Regionale Militare Piemontese (Crmp): Franco Balbis, Quinto
Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone,
Massimo Montano e Giuseppe Perotti.
Il Crmp era
stato costituito clandestinamente a Torino nell'ottobre del 1943, come organo
del Comitato di Liberazione Nazionale, con il compito di coordinare le azioni
delle bande partigiane già esistenti.
Gli otto vengono
condotti alle Carceri Nuove, e il 2 aprile, in gran fretta, viene dato il via
al processo alla presenza dei massimi vertici fascisti. Già il giorno
successivo, e nonostante le trattative intavolate dal Cln, viene pronunciata la
sentenza: fucilazione.
All'alba di
mercoledì 5 aprile gli otto condannati vengono condotti all'interno del
poligono di tiro, ammanettati: ci sono decine di militi della Guardia
Nazionale, che li legano alle sedie poste all'estremità del poligono, schiena
rivolta al plotone di esecuzione. Passa ancora qualche minuto, il tempo per
Padre Carlo Masera, che ne ricorderà il coraggio, di benedirli, quindi viene
letta la sentenza, ed infine il plotone spara. Una sola voce, quella di Franco,
Quinto, Giulio, Paolo, Errico, Eusebio, Massimo e Giuseppe grida "Viva
l'Italia libera!"
Con queste
parole, Eusebio Giambone si rivolge alla moglie,qualche ora prima di essere
fucilato: "fra poche ore io
certamente non sarò più, ma sta pur certa che sarò calmo e tranquillo di fronte
al plotone di esecuzione come lo sono attualmente, (...)come lo fui alla
lettura della sentenza, perché sapevo già all'inizio di questo simulacro di
processo che la conclusione sarebbe stata la condanna a morte. Sono così
tranquilli coloro che ci hanno condannati? Certamente no! Essi credono con le
nostre condanne di arrestare il corso della storia. Si sbagliano! Nulla
arresterà il trionfo del nostro Ideale,essi pensano forse di arrestare la
schiera di innumerevoli combattenti della Libertà con il terrore? Essi si
sbagliano!"