La coscienza è una parte della
nostra vita mentale molto più piccola di quanto abbiamo coscienza, perché non possiamo
essere coscienti di ciò di cui non siamo coscienti. Allo stesso modo si può avere
l'impressione che la coscienza pervada tutta l'attività mentale, mentre in realtà
non è affatto così.
È molto più probabile che
l'apparente continuità della coscienza sia in realtà un'illusione, esattamente come
la maggior parte delle altre metafore sulla coscienza.
Spesso la coscienza non solo
non è necessaria, ma può essere del tutto indesiderabile.
Siamo stati indotti alla conclusione
che la coscienza non è ciò che noi generalmente pensiamo che sia. Essa non va confusa
con la reattività. Non interviene in una vasta moltitudine di fenomeni percettuali.
Non ha alcuna parte nell'esercizio di abilità, di cui al contrario spesso ostacola
l'esecuzione. Non interviene necessariamente nel parlare, nello scrivere, nell'ascolto
o nella lettura. Non trascrive l'esperienza, come molti credono. La coscienza non
ha nulla a che fare con l'apprendimento di segnali, né c'è alcun bisogno del suo
intervento per apprendere abilità o ricavare soluzioni, cose che si possono fare
senza avere coscienza. Non è necessaria per la formulazione di giudizi o di pensieri
semplici. Non è la sede della ragione, e anzi alcuni fra gli esempi più difficili
di ragionamento creativo fanno a meno della sua assistenza. Essa inoltre non ha
una localizzazione reale, ma solo ubicazioni immaginarie. Se i ragionamenti che
abbiamo svolto finora sono stati corretti, è possibilissimo che sia esistita una
razza di uomini che parlavano, giudicavano, ragionavano, risolvevano problemi, che
facevano in definitiva quasi tutto quello che facciamo noi, ma che non erano affatto
coscienti.