Gli ideali
Vediamo intanto a quali teorie, a quali ideali
s’ispirano gli uomini del Comitato Centrale e dei tanti gruppi che balzarono
alla ribalta della Comune. Benché Marx abbia già teorizzato la lotta di classe, la
sua influenza diretta sul proletariato era molto scarsa e si manifestava
soprattutto nei circoli dell'Internazionale operaia, la cui sezione parigina
era però dominata dai seguaci del pensiero di Auguste Blanqui e di Joseph Proudhon. I blanquisti costituivano la
fazione più compatta e risoluta. Esigevano l'abolizione della proprietà
privata, avevano spiccatissimo il gusto della cospirazione e dell'avventura, e
già nell'agosto 1870, poco dopo l'inizio della guerra franco-prussiana, tentarono senza successo
di occupare alcune piazzeforti di Parigi. Non ritenevano necessario
indottrinare le masse e pensavano che bastava una minoranza decisa, spavalda,
per fare piazza pulita dell'ordinamento borghese.
I proudhoniani, durante l'Impero, avevano badato soprattutto ad organizzare
casse di mutuo soccorso e a migliorare le condizioni dei lavoratori, uno dei
cardini del loro programma era il decentramento amministrativo, il federalismo.
A differenza dei blanquisti, che erano in fondo una società segreta di
carbonari rossi, i proudhoniani agivano allo scoperto e reclutavano moltissimi
seguaci fra gli artigiani e la piccola borghesia.
Bakunin sottolineò l'unità d'intenti socialisti
mostrata dai delegati del Consiglio e il loro progetto di riorganizzare
l'assetto istituzionale in senso federalista, che l'altro anarchico James Guillaume considerava la principale
caratteristica della rivoluzione parigina: “Non
c'è più uno Stato, non c'è più un potere centrale superiore ai gruppi che
impongano la loro autorità; c'è solo la forza collettiva risultante dalla
federazione” e poiché non esiste più lo Stato centralizzato e “i comuni godono della pienezza della loro
indipendenza, c'è la vera anarchia”.
La Comune riservò sin dal suo principio grande
importanza all'individualità: libertà d'espressione, di coscienza, di lavoro e
d'intervento nelle decisioni comunali.
L'aspetto caratterizzante di quest'esperienza fu il
localismo, la rivolta contro il potere centralizzato e la distruzione dello
Stato politico quale centro di controllo autoritario. La Comune non fu uno Stato quindi, bensì la sua
negazione, e perciò essa doveva anche, dinanzi alle esigenze militari,
conservare il suo carattere democratico e seguitare a basarsi sulle piccole
comunità locali di cui Parigi era composta.
Gli anarchici essendo essenzialmente federalisti volevano
un sistema in cui il potere, per quanto ne sarebbe rimasto, fosse attribuito a
gruppi locali, mentre ogni organismo operante su un campo più vasto non doveva
avere che funzioni delegate.
Concludendo si può certamente dire che la Comune di Parigi non fu un'esperienza prettamente
anarchica (per l'improvvisazione con cui si costituì, per le diverse anime che
furono presenti ecc.) ma, indubbiamente, ne assunse alcune caratteristiche che
le diedero, con tutte le critiche possibili, un carattere libertario.