..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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domenica 23 maggio 2021

150 anni fa … Riflessioni sulla Comune (parte 8)

 Insegnamenti (1)

 

La Comune, fu una «leva» per distruggere le basi economiche su cui si appoggia l'esistenza delle classi, e quindi il dominio di classe; fu anche una «leva» per distruggere lo Stato che si regge su quelle basi. E, d'altra parte, che Stato sarebbe quello in cui l'esercito permanente scompare, la polizia finisce di avere il compito repressivo, la Chiesa viene resa autonoma e non parassita, i funzionari revocabili in ogni momento, i salari uguali a quelli operai, l'istruzione gratuita ecc.? Che Stato sarebbe uno stato che ormai ha perso ogni attributo tipico di esso? Ecco il significato della parola estinzione: con la Comune lo Stato si sarebbe estinto, ma non per fare posto ad un altro organismo repressivo, che poi altro non sarebbe che un'altro Stato, la macchina statale sarebbe stata spezzata in maniera definitiva solo per lasciare che la società civile, che gli operai, i contadini e il popolo in genere si governassero da se, senza nessuna delega (come è intesa oggi) né sottomissione.

Ecco il perché del significato profondo dell’esperienza della Comune, il perché una sconfitta della classe operaia viene ancora oggi celebrata.

ll nazionalismo che caratterizzava gli operai francesi prima della rivoluzione del 18 marzo non era certo un elemento rivoluzionario in se, anzi poteva essere considerato un puntello, un fattore per stringere attorno alla borghesia guerrafondaia tutta la nazione francese e fare così passare in secondo piano le contraddizioni interne che opponevano gli operai ad essa. Si poteva rivelare un supporto per la politica espansionistica di Luigi Bonaparte il quale tentava, con un vecchio stratagemma caro alle classi dominanti, di unificare il paese contro il nemico esterno e così superare le difficoltà interne con un bagno di sangue, naturalmente, di proletari e operai.

Non fu così: borghesia e burocrazia si rivelarono incapaci non solo di risolvere le contraddizioni sociali, ma anche di condurre una guerra, tale era il disfacimento e la decadenza in cui ormai versavano. La guerra, che doveva salvarle dalla rivoluzione sociale, si stava per rivelare la loro tomba, ed il nazionalismo, di cui prima avevano gioito, in una trappola mortale. Tanto più pericolosa quanto più essi cercavano di soffocarlo, fino a quando non furono costretti. a gettare la maschera e a concludere un armistizio. Il loro nemico ormai non era più il prussiano, ma il parigino armato non solo del fucile ma di una coscienza rivoluzionaria che solo nella lotta si era potuta sviluppare.

La Comune ci ha fatto capire che da una parte bisogna abolire la vecchia macchina repressiva dello Stato, e dall'altra che bisogna assicurarsi contro i propri deputati e impiegati, dichiarandoli senza nessuna eccezione e in ogni momento revocabili. Non si tratta, quindi, di trasferire da una mano all'altra il potere dello Stato, di mettere al posto dei vecchi burocrati altri burocrati che dovrebbero fare gli interessi del popolo, ma che poi finiranno per fare solo i propri. Il popolo deve spezzare, demolire la macchina statale e non limitarsi semplicemente ad impossessarsene. Ma spezzare e demolire lo stato non significa costruirne uno nuovo, o uno proletario (come intendevano Marx o Lenin con la loro «dittatura del proletariato»), in sostituzione di quello vecchio. Per Stato non si intende solo lo stato borghese, ma ogni tipo di Stato, anche quello «popolare». Non fu dunque una rivoluzione contro la forma di potere statale legittimista, costituzionale, repubblicano, imperiale, la Comune fu una rivoluzione contro ogni tipo di Stato.

Questo é l'insegnamento principale della Comune e questa era la strada verso la quale essa si stava avviando se la borghesia non avesse prematuramente soffocato il suo tentativo.

Il diritto uguale di tutti ai beni e alle gioie di questo mondo, la distruzione di ogni autorità, la negazione di ogni freno morale, ecco, se si scende alla radice delle cose, la ragion d’essere dell’insurrezione del 18 marzo. Là “il socialismo rivoluzionario ha tentato una prima manifestazione magnifica e pratica (Bakunin)”.

Coloro che parlano di rivoluzione e di lotta di classe senza riferirsi esplicitamente alla vita quotidiana, senza comprendere ciò che vi è di sovversivo nell’amore, nella fratellanza, nella cooperazione, nella divisione dei beni e di positivo nel rifiuto radicale di tutte le costrizioni, si riempiono la bocca di escrementi.