La quotidianità
circoscrive il nostro campo visivo, l'aleggiare dei nostri pensieri e il
pulsare dei nostri sensi. Il fluire selvaggio dell'io viene incanalato
nell'alveo cementificato della società divenuta organismo putrescente affetto
dalla patologia autoconsumistica. Nel gorgo della produzione e della
distruzione il presente diviene la prigione perfetta della prevedibilità del
vivere. Così l'umana genìa non abbisogna di alacri carcerieri perché preferisce
rimanere all'interno del “rassicurante” recinto della mistificazione storica.
Anche l'incedere del tempo è regolato da ritmi artificiali, programmati dalle
logiche del capitale. In questo circuito produttivistico, l'istintivo desiderio
di libertà illanguidisce miseramente.
Nella giostra
dell'automatismo si spegne la fiamma dell'intelletto, si contraggono i marosi
dell'immaginazione, si smorza la sete della conoscenza. Nel deperimento di
queste facoltà il dominio si rafforza sempre di più e perfeziona il controllo
sull'umanità. Al contempo la rassegnazione, il disorientamento e l'ignoranza
alimentano il millenario servilismo volontario.
Invece possedere
e sviluppare la capacità di pensare ad un'altra esistenza è l'imprescindibile
premessa per varcare ogni barriera, ogni forma di muro. La forza dell'immaginazione
che coincide spesso con il desiderio profondo di emancipazione ci aiuta a
oltrepassare ogni argine, ad andare al di là del confine che la multiformità
del potere ci impone. L'atto del valicare fa sì che il
possibile si realizzi nell'oggi e che il sogno si modelli nella materia
pulsante del presente. Lo slancio che ci proietta nell'oltre è fondamentalmente
l'energia inarrestabile della creatività, la sostanza esplosiva più efficace e
imprevedibile, in grado di annientare il dominio ed espandersi all'infinito
nella libertà.