Nel deserto più
sperduto si verifica la seconda metamorfosi; qui lo spirito diviene leone;
vuole catturare la libertà ed essere signore del proprio deserto il grande
drago è chiamato “Tu dovrai”, ma lo spirito del leone dice “Io voglio”.
Friedrich Nietzsche
Ci sono tanti
modi per legare l'individuo all'obbedienza, alcuni molto evidenti, altri meno.
Quelli più subdoli e meno riconoscibili si fondano sulla volontà collettiva e
sul senso di comunità. Il più delle volte tali collettività e comunità altro
non sono che il prodotto funzionale, lo strumento di rigenerazione delle
gerarchie e delle catene di comando: il terreno fertile, insomma, in cui
attecchiscono più facilmente le radici della sorveglianza. Anche la meccanica
del dominio oggi si muove su due linee parallele. Da una parte cerca di
incanalare la partecipazione entro percorsi vincolati, preventivamente
sperimentati e che lascino intravedere ai cittadini potenzialità molto vaste
nell'arco delle possibili decisioni; dall' altro sviluppa la più sistematica
compressione, reclusione, rimozione di ogni elemento conflittuale in modo da
rendere irriconoscibile il vero modello socioculturale in vigore. A tale
proposito città e metropoli diventano i luoghi più adatti dove far convergere
all`unisono due elementi cardine della macchina del dominio: il controllo
territoriale e la negazione delle alterità. Più volte si è analizzato come la
città efficiente sia il salvacondotto più comodo e a portata di mano per la
salvaguardia dell’assoggettamento e del servilismo; più volte si è affermato
che le nuove pratiche municipaliste o autogestionarie, aventi come obiettivo la
partecipazione allargata alla riformulazione in chiave sostenibile di modelli
economici ritenuti risolutivi, altro non generano che collaborazione al proprio
sfruttamento e all'arricchimento altrui. In questo magma complesso, in cui non
manca un`affermazione seppur simbolica del conflitto, si genera un dato nuovo.
Se fino ad ora le meccaniche di dominio ci hanno fornito una rappresentazione
dell'esistente ambigua, volutamente grigia e inefficace nell’individuazione dei
collaboratori, degli affamatori, degli sfruttatori, oggi le cose sembrano
cambiare. Aver stipulato nuove leggi repressive vincolate all'utilizzo della
tecnologia in chiave securitaria, rende più facilmente riconoscibili coloro che
dell'affare sicurezza si nutrono, non solo in modo da mendicare qua e là
qualche voto, ma anche per appaltare, sviluppare e ridefinire un intero settore
aziendale. In tale prospettiva, i sindaci risultano essere la sintesi più
efficiente, la cinghia di trasmissione più veloce per far convergere e
confluire in un unico territorio le volontà dei padroni e del capitale.
L'agglomerato urbano tende a monopolizzare nella propria area di influenza le attività
decisionali o direttive di ordine politico, economico, amministrativo e anche
culturale, cosa che gli permette di organizzare un territorio dalla dimensione
variabile, di impartire ordini, di lanciare iniziative, di autorizzare nuove
attività. E' nelle metropoli, quindi, e nelle città che ruotano attorno ad essa
che la distribuzione dei servizi si rigenera in modelli ritenuti accettabili
dagli sfruttati. Il militarismo, ad esempio, si affaccia in esse con il volto protettivo
del benefattore, i tornelli e le telecamere si moltiplicano e ingrossano la
catena industriale dei servizi erogati. Resta un dato di fatto. Se da una parte
la propaganda securitaria si autoalimenta e genera consenso; dall'altra i luoghi
decisionali, le centrali di sfruttamento lavorativo, energetico, ambientale,
sono a portata di mano per chi ha intenzione di liberarsi delle proprie catene.
Il potere, insomma, non è più un qualcosa di irriconoscibile ed astratto,
lontano ed inarrivabile. Il suo rigenerarsi lo ha reso diffusamente presente e
visibile al di la dei fili di luce e dei cancelli. Il tratto essenzialmente
umano della volontà può svolgere ancora un ruolo imprevedibile, creando giuste barriere
solo tra sporchi lavori e gioie feroci.