Etienne de la Boétie a sedici anni scrive il 'Discorso sulla
servitù volontaria', un testo che l'editoria contemporanea ha
riscoperto e sta ristampando. Noi anarchici lo conosciamo da sempre perché le
sue parole risuonano vivide nella coscienza di tutte le persone, di tutte le
epoche.
Non ci dilunghiamo nella biografia, diciamo solo che è stato un
diplomatico francese, laureato in Giurisprudenza, consigliere al parlamento di
Bordeaux dove rimane per soli quattro anni perché non sopportava la politica di
quei despoti corrotti e corruttori e dalla violenza delle leggi fratricide:
segno di un'evidente sua coscienza libertaria. Muore giovanissimo per malattia.
Il testo di cui ci apprestiamo a parlare fu fonte di ispirazione anche per i
propositori della Rivoluzione Francese.
Ma cosa dice di tanto importante Etienne de la Boétie? Egli prende
in analisi l'autorità dei governi (si noti il plurale) e anche il rapporto che
si viene a creare tra lo Stato e i cittadini, un rapporto in cui il popolo è
sempre posto in condizione di schiavitù e tale schiavitù è per giunta
volontaria. Il cittadino, per vari motivi che vedremo, non si accorge neppure
di essere egli stesso il fautore della propria servile condizione. Boétie
ribalta la concezione stessa della politica comunemente accettata secondo cui è
il tiranno che impone dapprima il suo bastone. Non è così. E' il popolo che
accetta di essere sfruttato. Ma vediamo perché e come.
«è davvero sorprendente, e tuttavia così comune che c’è più da
dispiacersi che da stupirsi nel vedere milioni e milioni di uomini servire
miserevolmente, col collo sotto il giogo, non costretti da una forza più
grande, ma perché sembra siano ammaliati e affascinati dal nome solo di uno, di
cui non dovrebbero temere la potenza, visto che è solo, né amare le qualità,
visto che nei loro confronti è inumano e selvaggio. […] Quale vizio, o
piuttosto, quale disgraziato vizio? Vedere un numero infinito di persone non
obbedire, ma servire?»
In buona sostanza, Boétie ci vuole dire che è sufficiente
desiderare di essere liberi per liberarsi veramente dal giogo dei governi. Ma
questo desiderio non c'è perchè i popoli vengono ingannati, ammansiti,
imboniti, illusi, divisi in fazioni, gerarchizzati. Lo Stato con i suoi governi
viene fatto percepire come una sorta di religione a cui si deve credere a
priori e ciecamente. E questo credo, costruito attraverso una propaganda
autoreferenziale fin dalla tenerissima età, deve essere l'unico, nonché la sola
entità veramente autorevole-autoritaria per il popolo, come un dio
michelangiolesco, vigoroso, potente. In questo clima di propaganda costante,
ogni idea di libertà viene fatta letteralmente dimenticare, il popolo non sa
più cosa sia la libertà.