“Proprietario
del mio potere sono io stesso, e lo sono nel momento in cui so di essere unico.
Nell'unico il proprietario stesso rientra nel suo nulla creatore, dal quale è
nato. Ogni essere superiore a me stesso, sia Dio o l'uomo, indebolisce il sentimento
della mia unicità e impallidisce appena risplende il sole di questa mia
consapevolezza. Se io fondo la mia causa su di me, l'unico, essa poggia sull'effimero,
mortale creatore di sé che se stesso consuma. ”
Max Stirner: “L' unico e la sua proprietà”
A volte mi piace
paragonare l'esistente ad un'ampia strada circolare senza sbocchi laterali. Penso
con tristezza alle stagioni del vivere che si susseguono con una prevedibilità
sconcertante resa ancora più squallida (e spesso dolorosa) dalle consuetudini sociali
e dagli artigli del dominio. L'azione nefasta di entrambi comprime
costantemente le pulsioni e i desideri dell'individuo che viene obbligato a
percorrere un unico tracciato. Attraverso le lunghe gallerie dell'educazione, della
famiglia, della religione, del lavoro e del diritto etc... si cerca di
modellare l'unicità dei viventi sino a ridurli a materiali inerti privi di
stimoli creativi e di capacità di azione. L'espansione epidemica della
tecnologia ha alterato la percezione del reale sostituendosi con una vasta dimensione
spettacolare.
Lo spontaneo
incedere dell'io viene bloccato in un ruolo mistificante. Il potere organizza, attraverso
il consenso sociale, lo svuotamento dell`autenticità egoistica trasformandola
in un simulacro. Ecco profilarsi il presupposto della “lievitazione” della
massa industrializzata, obiettivo ultimo di ogni sistema politico autoritario.
Come evadere allora da questo perverso circuito? La consapevolezza della potenzialità
dell'io e della sua finitudine incentiva il desiderio di appropriarsi del
presente e di goderlo, di consumarlo senza remore. Non bisogna proiettarsi in
un futuro “magnifico” fondato sull'attesa messianica di un'umanità liberata. La
nostra unicità esige fin da ora la fruizione del mondo, pretende di assaporare
la linfa vitale che fluisce nell'attimo irripetibile. Ostacolo a tutto questo
rimane pertanto la malattia specificatamente umana chiamata dominio, cancro
abnorme che assimila la nostra energia primigenia. Sottrarsi a questo parassita
letale è la reazione necessaria per continuare a vivere. Questo atto preferisco
chiamarlo rivolta. É l'espandersi orgoglioso dell'io che sboccia nel gesto
liberatorio di spezzare le catene, di abbattere il muro della prigione, di
aprire al fine un varco e di respirare profondamente il profumo di un nuovo giorno.